Si chiamano SHARK e sono gli strumenti di nuova generazione che equipaggeranno il Large Binocular Telescope (LBT), il grande telescopio binoculare che si trova sulla cima del monte Graham in Arizona e di cui l’INAF è partner insieme a istituti tedeschi e statunitensi, rendendolo un formidabile cacciatore di pianeti extrasolari. L’Istituto Nazionale di Astrofisica è alla guida del progetto e del consorzio internazionale che realizzerà gli strumenti, così come della loro gestione scientifica.

Il via libera alla costruzione è arrivato dal Board di LBT e i due strumenti saranno operativi entro la fine del 2019. SHARK (‘squalo’ in lingua inglese e acronimo di System for coronagraphy with High order Adaptive optics from R to K band) è una coppia di strumenti, uno operativo nella banda visibile (SHARK-VIS),  l’altro in quella del vicino infrarosso(SHARK-NIR), che potranno funzionare in parallelo, sfruttando i due specchi principali da 8,4 metri di diametro che equipaggiano LBT, rendendolo il primo telescopio al mondo in grado di osservare contemporaneamente esopianeti in un intervallo così ampio dello spettro elettromagnetico.

“Con SHARK potremo osservare sistemi planetari con una risoluzione angolare e un contrasto elevatissimi, tanto che saremo in grado di spingerci più vicini alle loro stelle madri di quanto sia stato possibile fare finora con la tecnica dell’imaging diretto” dice Valentina D’Orazi, ricercatrice dell’Isitituto Nazionale di Astrofisica a Padova e responsabile scientifica di SHARK-NIR. “Questo grazie all’impiego della coronografia, che blocca la luce della stella centrale, aumentando il contrasto delle immagini nella regione attorno ad essa, dove si nascondono i pianeti che vogliamo studiare che risulterebbero altrimenti impossibili da individuare”.

Gli strumenti SHARK potranno sfruttare appieno il sistema di ottica adattiva che già equipaggia LBT, anch’esso ideato e sviluppato dall’ INAF. Tale sistema corregge le distorsioni sulle immagini astronomiche prodotte dalle turbolenze dell’atmosfera per restituire riprese che eguagliano e addirittura superano in nitidezza e qualità dei dettagli quelle ottenute dal telescopio spaziale Hubble.

“Con questa formidabile combinazione, potremo finalmente dare un ‘volto’ a molti esopianeti che orbitano le stelle nel nostro vicinato galattico e caratterizzare meglio le loro proprietà, anche  grazie alle immagini in luce visibile prese per la prima volta nell’emisfero nord” aggiunge Fernando Pedichini, ricercatore dell’INAF di Roma e Principal Investigator di SHARK-VIS.

In particolare, grazie a SHARK sarà possibile osservare direttamente i pianeti giganti gassosi nelle regioni esterne dei sistemi esoplanetari, fornendo informazioni complementari sulla architettura di tali sistemi rispetto a quelle ottenibili attraverso le tecniche di velocità radiale o i transiti.

Il consorzio di SHARK è guidato dall’INAF e vede come partner per il canale infrarosso lo Steward Observatory di Tucson in Arizona, Il Max Planck Institute di Heidelberg in Germania e l’Istituto di Planetologia di Grenoble in Francia.

Il Large Binocular Telescope è frutto di una collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Astrofisica, University of Arizona, Germania (LBT Beteiligungsgesellschaft), The Ohio State University, e la Research Corporation in rappresentanza della University of Minnesota, University of Virginia, e University of Notre Dame.

L’Italia, tramite INAF, contribuisce al 25% del costo di realizzazione del Progetto e delle spese di gestione. E’ proprietaria di un quarto del telescopio e di altrettanto tempo di osservazione.