Quando entrano nell’atmosfera terrestre, i meteoriti si surriscaldano e diventano porosi.

È quanto emerge da uno studio finanziato dall’Ufficio di Coordinamento della Difesa Planetaria della Nasa e pubblicato sul Planetary Science Journal a cura di alcuni ricercatori dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign e dell’Ames Research Center.

I meteoriti che passano vicino alla Terra sono sempre stati oggetto di studio per conoscere in largo anticipo eventuali rischi per il nostro pianeta. A questo scopo la Nasa ha creato l’Asteroid Threat Assessment Project a seguito dell’evento che nel 2013 colpì la cittadina russa di Chelyabinsk: l’onda d’urto provocata dal meteorite KEF-2013, esploso a circa 40 chilometri dal suolo, causò oltre mille feriti.

Il nuovo studio potrebbe aiutare a determinare quanto il passaggio nell’atmosfera possa modificare il meteorite in termini di peso, riuscendo a valutare il possibile danno in caso di impatto. «Volevamo capire come cambia la microstruttura di un meteorite mentre viaggia attraverso l’atmosfera – ha affermato Francesco Panerai, professore presso il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’UIUC e primo autore dello studio – abbiamo quindi estratto dei campioni dall’interno del meteorite, quelli che non erano già stati esposti al calore elevato dell’atmosfera».

L’esperimento prevedeva di simulare il passaggio nell’atmosfera riscaldando i campioni fino a 1200 gradi Celsius. Questi sono stati poi osservati attraverso una tecnica di microtomografia a raggi X che ha permesso di effettuare tagli virtuali e metterne in evidenza la struttura interna. Ciò che è emerso è che il solfuro di ferro si vaporizza e lascia dei vuoti, rendendo il materiale più poroso.

«Siamo rimasti sorpresi da questa osservazione. La possibilità di guardare l’interno del meteorite in 3D ci ha portato a scoprire un progressivo aumento della porosità – ha spiegato Panerai – È la vaporizzazione del solfuro di ferro durante il riscaldamento che lascia grandi vuoti nel materiale. Questa scoperta fornisce la prova che i materiali dei meteoriti diventano porosi e permeabili provocando un effetto sulla sua forza e propensione alla frammentazione».

Due tipi di meteoriti sono stati selezionati per la sperimentazione: Tamdakht, caduto in Marocco nel 2008, e Tenham, arrivato in Australia nel 1879. Entrambi appartengono alla classe dei condriti, i più antichi e comuni tra i meteoriti, costituiti da ferro e nichel in diverse quantità. «Entrambi gli oggetti sono diventati porosi, ma ciò dipende dalla quantità dei solfuri, e in particolare uno dei due aveva solfuri di ferro più alti. Abbiamo scoperto che la vaporizzazione di questi elementi avviene a temperature moderate. Quindi probabilmente questo fenomeno non si verifica sulla crosta esterna del meteorite, dove la temperatura è molto alta, ma appena sotto la superficie». In questo modo i ricercatori hanno anche potuto determinare in quale fase del passaggio attraverso l’atmosfera si avvia la fase di trasformazione del solfuro.

Panerai ha dichiarato inoltre che l’Asteroid Threat Assessment Project sta attualmente sviluppando modelli per calcolare la traiettoria dei meteoriti. «Stiamo anche utilizzando strumenti perfezionati negli anni per la progettazione di veicoli ipersonici per trasferire questa conoscenza allo studio dei meteoroidi, gli unici sistemi ipersonici conosciuti in natura. Questo fornisce alla Nasa dati importanti sulla microstruttura e sulla morfologia di un meteorite comune durante il riscaldamento, in modo che tali caratteristiche possano essere integrate in nuovi modelli».

All’interno del programma di difesa planetaria, la collaborazione italiana è prevista con LiciaCube, un microsatellite realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana che partirà con la missione Double Asteroid Redirection Test (DART) per filmare l’impresa di colpire un asteroide al fine di deviarne l’orbita.