Un recente studio pubblicato su Nature ha rivelato le condizioni ambientali preferite dai diversi gruppi di ominini, i nostri antenati, determinando in quale habitat climatico gli esseri umani arcaici hanno probabilmente vissuto.
Un importante riscontro ottenuto grazie alla combinazione di due strumenti fondamentali: il più ampio database di resti fossili umani e manufatti archeologici, di datazione certa, e uno dei supercomputer più potenti al mondo, l’Aleph in Corea del Sud.
Quale impatto abbia avuto il cambiamento climatico sull’evoluzione umana è una delle domande di ricerca più diffuse e interessanti. Le risposte a tale quesito pagano tuttavia la scarsità di registrazioni climatiche vicino ai siti di fossili umani. Sappiamo dove gli uomini vivevano in passato ma non in quale clima. O almeno così è stato fino a oggi.
Un team internazionale di ricercatori ha, infatti, aggirato questa lacuna grazie alla più lunga simulazione completa di un modello climatico mai realizzata, condotta presso l’Ibs Center for Climate Physics (Iccp) alla Pusan National University in Corea del Sud.
Coprendo la storia ambientale della Terra degli ultimi 2 milioni di anni, dalla ricostruzione è stato compreso quale clima ci fosse nei tempi e nei luoghi in cui gli esseri umani vivevano, habitat identificati in base al database archeologico fornito dall’Università di Napoli Federico II.
Su questa sovrapposizione sono state create mappe in evoluzione temporale dei potenziali habitat degli ominini, facendo così emergere il ruolo del cambiamento climatico nel guidare il fenomeno. Ma ciò che si è rivelato sorprendentemente è il peso che in questo legame ha l’astronomia.
«Anche se i diversi gruppi di esseri umani arcaici preferivano ambienti climatici diversi, i loro habitat rispondevano tutti ai cambiamenti climatici causati dai cambiamenti astronomici nell’oscillazione dell’asse terrestre, l’inclinazione e l’eccentricità orbitale con scale temporali che vanno da 21 a 400 mila anni», afferma Axel Timmermann, autore principale dello studio e direttore dell’Iccp.
Per avere prove certe del legame clima e habitat, i ricercatori hanno quindi deciso di giocare a carte: hanno cioè mischiato in modo casuale le età dei fossili, come fossero un mazzo da gioco, e hanno ripetuto la loro analisi.
Se l’evoluzione delle variabili climatiche passate non avesse avuto un impatto su dove e quando i nostri antenati vivevano, allora entrambi i metodi avrebbero dato un identico risultato, indicando gli stessi habitat. Ma così non è stato, trovando differenze significative per i diversi modelli abitativi in base al gruppo di ominini considerato. Si è così mostrato, almeno per gli ultimi 500 mila anni, che i cambiamenti climatici, compresi i cicli glaciali, hanno giocato un ruolo centrale nel determinare dove i diversi gruppi di ominini hanno vissuto.
Il team si è quindi chiesto se ci fossero sovrapposizioni nello spazio e nel tempo tra gli habitat delle diverse specie umane considerate. (Homo sapiens, Homo neanderthalensis, Homo heidelbergensis, Homo erectus e Homo)
«Le zone di contatto del passato forniscono informazioni cruciali sulle potenziali successioni e commistioni di specie», ha affermato Pasquale Raia dell’Università di Napoli Federico II, il cui team ha compilato il set di dati di fossili umani e manufatti archeologici alla base dello studio.
Data la ricostruzione fedele della diffusione dei diversi lignaggi, vista la sovrapposizione con le stime ottenute dai dati genetici, la ricerca mostra inequivocabilmente le potenzialità dei modelli paleoclimatici continui nell’affrontare domande fondamentali sul clima e sulle nostre origini.
Immagine: Habitat preferiti da Homo sapiens (ombreggiatura viola, a sinistra), Homo heidelbergensis (ombreggiatura rossa, al centro), Homo neanderthalensis (ombreggiatura blu, a destra) calcolati dalla simulazione del modello paleoclimatico condotta presso l’IBS Center for Climate Physics; Crediti: Institute for Basic Science.