Un team di fisici teorici della Goethe University di Francoforte ha creato un modello dettagliato del getto relativistico che nasce da M87*, buco nero supermassiccio al centro della galassia Messier 87 (M87), sistema galattico situato a 55 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione della Vergine.

I risultati della modellazione, pubblicati su Nature Astronomy, sono fortemente coerenti con le osservazioni precedenti del supermassiccio M87* e confermano la teoria della relatività generale di Einstein. La modellizzazione offre inoltre, per la prima volta, importanti novità sullo spin, ossia la velocità di rotazione del buco nero, e sul suo campo magnetico.

M87* è il primo buco nero a essere stato immortalato, con la storica immagine del 2019 realizzata dalla collaborazione internazionale di Event Horizon Telescope, progetto che ha portato, inoltre, alla misura della massa di M87*, stimata di sei miliardi e mezzo di volte la massa del Sole.

Tuttavia, fino a oggi vi era molta incertezza su quale spin e quale campo magnetico potesse avere M87*. Incertezza ora ristretta dalla modellazione della Goethe University.

Per comprendere questi risultati e il valore della ricerca, Global Science ha intervistato Luciano Rezzolla, fisico teorico della Goethe University e coautore del recente studio. Rezzolla è anche principal investigator di BlackHoleCam e ha coordinato le ricerche di Event Horizon Telescope.

Prof. Rezzolla, la vostra modellizzazione del getto relativistico nasce grazie ai supercomputer, qual è stato il loro ruolo?
Dal punto di vista computazionale, risolvere equazioni molto complesse, che sono quelle della magnetoidrodinamica relativistica. Queste sono simili in spirito alle equazioni utilizzate per le condizioni meteorologiche, ma più complicate avendo anche la componente relativistica e quella del campo magnetico.
Ciò che produce il computer è la simulazione tridimensionale della dinamica di un plasma vicino a un buco nero, quindi ci mostra cosa succede alla materia quando sta cadendo sul buco nero.

Cosa può essere osservato nello specifico da queste simulazioni?
Possiamo osservare come appare il getto di plasma lanciato dal buco nero. Ciò che vediamo nel dettaglio è quanta energia viene emessa e come viene divisa nelle diverse frequenze, ossia lo spettro di energia. Il nostro lavoro riproduce per la prima volta e con buona fedeltà lo spettro osservato nel giro degli ultimi 20 anni. Questo ci conferma che i nostri modelli teorici, in particolare l’ipotesi che al centro di M87 ci sia un buco nero, sono quelli corretti per descrivere ciò che sta succedendo. Il fatto che le nostre osservazioni siano consistenti con la teoria della relatività generale di Einstein è per noi estremamente importante.

Rispetto alle precedenti osservazioni del buco nero supermassiccio al centro di M87, compresa la prima storica immagine di un buco nero realizzata nel 2019, che cosa ci dice in più la vostra modellizzazione?
Nel 2019 non siamo stati in grado di misurare lo spin, ossia la velocità di rotazione del buco nero di M87 e questo perché i modelli con spin diversi, dai più lenti ai più veloci, rimanevano tutti compatibili con le osservazioni. Lo studio presente, quindi la modellizzazione del getto relativistico vicino al buco nero e lo spettro di energia, ci dà nuove e ulteriori certezze sulla misura diretta dello spin. L’accordo con i dati osservati viene, infatti, a mancare se la velocità di rotazione è ipotizzata troppo bassa. Questo ci suggerisce che lo spin del buco nero di M87 è elevato. Anzi, più è alto, maggiore è l’accordo con i dati osservati.

Lungo le linee del campo magnetico, le particelle sono accelerate in modo così efficiente che formano un getto su scale di 6000 anni luce nel caso di M87. (Crediti: Alejandro Cruz-Osorio, Goethe University Frankfurt)

Quali caratteristiche principali ci mostra il vostro lavoro invece sulla dinamica del getto generato dal buco nero di M87?
Ci mostra che questo getto non ha una luminosità uniforme ma delle variazioni al suo interno. Noi riusciamo a spiegarle in quanto legate alle proprietà del plasma all’interno del getto. Cogliere non solo la morfologia del getto ma anche questi aspetti è per noi assolutamente rassicurante. Il getto lanciato da M87*, infatti, sembra mostrare un’emissione a forma di “V”, quasi fosse una biforcazione. Questo fenomeno è spiegato da una serie di effetti che hanno a che fare con l’inclinazione e con le proprietà del plasma all’interno del getto. Questa “V” ci dice che il getto si mostra come un contenitore di vetro, ossia fondamentalmente vuoto ma con un bordo carico di plasma, bordo da cui probabilmente giunge la luce.
Sono queste caratteristiche a suggerirci che abbiamo bisogno di uno spin elevato per poter spiegare questa osservazione. Da qui deduciamo che il buco nero di M87 è altamente rotante.

Le vostre osservazioni dicono qualcosa anche in merito al campo gravitazionale che genera il getto relativistico?
Le immagini del getto indicano anche che l’angolo di apertura del getto è molto grande. Per spiegare ciò ci sono solo alcuni modelli di accrescimento chiamati MAD, ossia magnetically arrested disk, che prevedono un tasso di accrescimento in cui il campo magnetico domina.
Questa coerenza con tali modelli ci da questa seconda ulteriore informazione rispetto al 2019: il campo magnetico gioca un ruolo importante nella dinamica del plasma che cade sul buco nero. Fatto che prima non era chiaro.
Senza questi due ingredienti, uno spin elevato e un forte campo magnetico, non riusciremmo a spiegare le nostre osservazioni.

 

Crediti immagine in evidenza: ESO