66 milioni di anni fa la Terra fu colpita da un asteroide di quasi 10 chilometri di diametro. Si formò così il cratere Chicxulub, immensa voragine larga circa 150 chilometri e profonda 20, nell’attuale penisola dello Yucatan in Messico. All’impatto susseguì un cambiamento climatico dovuto alle enormi quantità di polvere sollevata, composta da zolfo e anidride carbonica. La conseguenza fu la scomparsa del 75% delle specie viventi, compresi i dinosauri.

L’evento è stato negli anni oggetto di molte ricerche; tra queste, una recente ricostruzione della cronistoria dell’impatto, pubblicata nel 2019, realizzata grazie allo studio dei campioni di rocce estratte tra i 500 e i 1.300 metri di profondità al di sotto dell’antico cratere.
La ricerca ha confermato la natura dell’asteroide, simile alla classe delle condriti carbonacee, materiale tra i più incontaminati del sistema solare. Un risultato alquanto disorientante: infatti, se tra i diversi NEO, i corpi vicini alla Terra, le condriti carbonacee sono comuni, meno probabili sono asteroidi dalle dimensioni dell’impattatore di Chicxulub.

Si è così infittito il mistero su una domanda fondamentale: da dove arrivava il gigante asteroide?

Una recente ricerca del Southwest Research Institute ha cercato di sfoltire la nebbia sul caso.
Il team ha combinato modelli informatici sull’evoluzione degli asteroidi con le osservazioni di asteroidi già conosciuti, indagando così la frequenza di eventi simili a quelli di Chicxulub. Utilizzando il supercomputer della NASA Pleaides, tra i più veloci e potenti al mondo, grazie ai modelli sono stati seguiti 130.000 asteroidi nel loro costante movimento su arco temporale virtuale di centinai di milioni di anni.

I potenziali fratelli dell’asteroide di Chicxulub sono stati cercati così nella Fascia Principale degli Asteroidi, grande anello tra Marte e Giove, costituito da milioni di rocce la cui massa totale è stimata di appena il 4% di quella della Luna; motivo per cui non si sono mai compattate in un unico corpo planetario. Lo sguardo dei ricercatori si è rivolto a una specifica regione: la metà più esterna della fascia, pur essendo ritenuta la zona d’origine meno probabile in quanto più distante da noi.

Con loro sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che gli asteroidi di 10 chilometri di larghezza di questa regione colpiscono la Terra, secondo i modelli, almeno 10 volte più spesso di quanto calcolato in precedenza. Viene così fornita una possibile risposta sull’origine del gigante masso di Chicxulub che ben si adatta all’evoluzione degli asteroidi.

«Questo risultato è intrigante – afferma il coautore dello studio Simone Marchi, astrofisico italiano oggi ricercatore alla Space Science and Engineering Division del Southwest Research Institute – non solo perché la regione osservata ospita un gran numero di condriti carbonacee da impatto, ma anche perché le simulazioni del team possono, per la prima volta, riprodurre le orbite di grandi asteroidi sul punto di avvicinarsi alla Terra».

Il modello è stato in grado di fornire la risposta anche a un altro quesito irrisolto: quanto spesso si sono verificati nel passato, o si verificheranno nel futuro, eventi di questa portata sulla Terra? Il team ha stimato che asteroidi giganti, come quello di Chicxulub, colpiscono la Terra una volta ogni 250 milioni di anni in media, una scala temporale conforme alla datazione del cratere a 66 milioni di anni fa.

In generale, guardando anche i piccoli corpi nello spazio vicino a noi, rincuora comunque sapere che, come affermato da Ettore Perozzi di ASI, vi è una probabilità di 1 su 100.000 che un asteroide qualsiasi impatti la Terra.