Vi ricordate l’aurora boreale che ha invaso i cieli italiani tra il 10 e l’11 maggio? Questo magnifico spettacolo è nato dall’interazione tra il campo magnetico terrestre e il vento solare, un flusso di particelle cariche sprigionato dal Sole e lanciato a gran velocità verso i pianeti che gli orbitano attorno.
Nonostante decenni di studi, alcuni aspetti dell’origine di questo straordinario flusso di plasma e di come viene spinto verso lo spazio rimangono ancora poco conosciuti.
Ora, la sonda Solar Orbiter di Esa, missione frutto della collaborazione con Nasa e del fondamentale contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana, è riuscita per la prima volta a tracciare il vento solare che l’ha investita fino alle regioni che lo hanno prodotto, fornendo così rilevanti informazioni sui meccanismi che lo generano.
Questo risultato, pubblicato su Nature Astronomy, è stato ottenuto grazie ai dati raccolti nei giorni precedenti il primo avvicinamento di Solar Orbiter alla nostra stella, effettuato nel marzo 2022 portando la sonda Esa a meno di 50 milioni di chilometri dalla superficie solare e a scattare così le immagini più ravvicinate e dettagliate del Sole mai realizzate.
La connessione tra il flusso di plasma che ha inondato Solar Orbiter e il suo punto di origine sul Sole è stata permessa dalla dotazione di strumenti di rilevamento sia in situ sia a distanza che caratterizza la sonda Esa. Solar Orbiter è riuscita, infatti, a misurare il plasma del vento solare che lo ha investito e allo stesso tempo scattare le immagini del Sole tramite il telerilevamento a distanza. Tuttavia, tra queste due osservazioni c’è un gap temporale in quanto il vento solare viene rilasciato dal Sole qualche giorno prima che il flusso investa la sonda. Per risolvere il problema, il team si è affidato al software Magnetic connectivity tool: un modello computerizzato che, basandosi sulle osservazioni dei 6 telescopi del Global oscillation network group che monitorano continuamente le oscillazioni sulla superficie del Sole, riesce a calcolare il modo in cui il vento solare si propaga attraverso il Sistema Solare.
«È possibile prevedere con qualche giorno di anticipo a quale punto della superficie solare si collegherà Solar Orbiter», afferma Stephanie Yardley, autrice principale dell’articolo.
La suite di strumenti di Solar Orbiter e la sua orbita che lo porta vicino al Sole sono stati pensati proprio per consentire alla sonda questo tipo di collegamento scientifico. Il recente risultato è stato ottenuto grazie ai dati raccolti tra il 1° e il 9 marzo 2022, quando Solar Orbiter si trovava a circa 75 milioni di km dal Sole, più o meno a metà della distanza della Terra dal Sole.
«La variabilità dei flussi di vento solare misurati in situ da un veicolo spaziale vicino al Sole ci fornisce molte informazioni sulle loro fonti e, sebbene gli studi passati abbiano tracciato le origini del vento solare, ciò è stato fatto molto più vicino alla Terra, quando questa variabilità è andata persa», afferma Yardley.
La vicinanza al Sole ha permesso così di analizzare il vento solare nelle sue differenti componenti: il flusso di plasma, infatti, non è del tutto omogeneo, bensì composto da un flusso che corre nello spazio a più di 500 km al secondo, il cosiddetto vento solare ‘veloce’, e un altro che viaggia a meno di 500 km al secondo, detto per questo vento solare ‘lento’.
Il team ha verificato la capacità di Solar Orbiter di individuare le aree di origine di un determinato flusso di plasma proprio grazie alle osservazioni della sonda di queste diverse velocità: investita dal flusso di vento solare connesso al bordo di un buco coronale o di un complesso di macchie solari sulla superficie solare, ovvero dove il campo magnetico è caratterizza da maggiore turbolenza, Solar Orbiter è, infatti, riuscita a osservare il modo in cui il vento solare cambiava la sua velocità. Questo riscontro, unito alle previsioni permesse dal software Magnetic Connectivity Tool, ha confermato la capacità della sonda di collegare il vento solare misurato in situ al suo luogo di origine sulla superficie solare.
«Questo risultato conferma che Solar Orbiter è in grado di stabilire connessioni solide tra il vento solare e le sue regioni di origine sulla superficie solare. Questo era un obiettivo chiave della missione e ci apre la strada per studiare l’origine del vento solare con un dettaglio senza precedenti», conclude Daniel Müller, Project Scientist dell’ESA per Solar Orbiter.
Dimostrando la presenza delle ‘impronte’ delle diverse regioni solari da cui provengono i getti di plasma, quindi la sua capacità di connettere un flusso di plasma con la sua area di origine, Solar Orbiter apre così una nuova era per la studio e la comprensione del vento solare.
Immagine in evidenza: Il Sole visto da Solar Orbiter il 3 marzo 2022, durante il primo avvicinamento della sonda al Sole. Questa osservazione fa parte di un’importante ricerca che apre ai fisici solari un nuovo modo di studiare le regioni di origine del vento solare. Crediti: Esa & Nasa/Solar Orbiter/Eui & Spice
Crediti video: Esa & Nasa/Solar Orbiter/Eui & Spice/S. Yardley