Hanno dimensioni infinitesimali, ma quando i venti le trascinano nell’atmosfera possono riscaldare o raffreddare l’aria, incidendo sul clima: sono le polveri minerali presenti nelle aree desertiche del nostro pianeta e sono l’obiettivo della missione Emit della Nasa.

Emit (Earth Surface Mineral Dust Source Investigation), installato a bordo della Stazione Spaziale, è uno spettrometro all’avanguardia in grado di produrre dati di alta qualità su grandi estensioni e ha iniziato la sua attività in orbita a luglio 2022. Dalla sua posizione privilegiata, a 410 chilometri dalla superficie della Terra, Emit ha superato le prestazioni sia di precedenti strumenti simili, sia – e soprattutto – delle indagini condotte per via aerea e in loco.

In quasi un anno e mezzo di missione, Emit ha lavorato sodo per analizzare la composizione chimica delle polveri per comprendere quali tipi di minerali possano influenzare maggiormente il clima nelle zone aride della Terra. Con i dati raccolti in questo arco di tempo, la Nasa ha realizzato la prima mappa globale di queste particelle, fornendo le localizzazioni accurate dei 10 minerali più rilevanti: ematite, goethite, caolinite, illite, vermiculite, calcite, dolomite, montmorillonite, clorite e gesso.

Emit li ha individuati in base al modo in cui essi riflettono e assorbono la luce a seconda della loro composizione. Infatti, le polveri ricche di ossido di ferro sono scure, assorbono i raggi solari e riscaldano l’aria circostante, mentre quelle che non presentano ferro sono molto più chiare, riflettono luce e calore e quindi producono un raffreddamento dell’aria.

Nel complesso, lo spettrometro ha realizzato oltre 55mila immagini delle superfici aride, con una risoluzione di 80 x 80 chilometri; la maggior parte delle zone si trova in una fascia mediana della Terra, ampia circa 11mila chilometri. Avere un quadro chiaro della situazione di queste polveri aiuterà gli scienziati nella previsione di future conseguenze sul clima, consentendo la realizzazione di modelli più accurati.

Inoltre, i dati di Emit sulle polveri sono versatili: possono essere efficacemente utilizzati per studiare il loro impatto sugli ecosistemi. Ad esempio, gli studiosi hanno notato che il deposito di questi granelli sulle acque oceaniche può stimolare le fioriture di fitoplancton, un fenomeno molto insidioso per gli ecosistemi marini.

Emit, infine, ha dato ottima prova delle sue capacità anche nel monitoraggio delle emissioni di metano, come dimostrato in un recente studio di Science Advances, e può essere impiegato anche per osservare neve, ghiaccio e vari tipi di vegetazione.

In alto: un dettaglio della mappa realizzata da Emit (Crediti: Nasa-Jpl/Caltech) – La mappa completa a questo link