Con l’atterraggio o l’impatto di veicoli spaziali, comprese le sonde atmosferiche, abbiamo toccato tutti i pianeti del Sistema Solare ad eccezione di quelli più esterni, ovvero Urano e Nettuno. La discesa nella loro atmosfera per le future sonde sarà, quindi, una sfida misteriosa oltre che complicata: questo a causa della peculiare composizione atmosferica che caratterizza i due pianeti.
Per questa intrigante sia Nasa che Esa stanno valutando ipotetiche prossime missioni.

Per questo motivo, gli scienziati hanno recentemente simulato la discesa di una sonda nell’atmosfera dei due ‘giganti di ghiaccio’.

Urano e Nettuno sono chiamati così in quanto nella loro atmosfera è stata riscontrata la presenza di elementi pesanti e di oceani di liquidi, oltre a livelli significativi di metano che rendono le loro nubi blu. Acqua e metano sono, infatti, chiamati ‘ghiacci’ in astrofisica, indipendentemente dallo stato fisico con cui questi elementi si presentano.
Ma la discesa in atmosfera su Urano e Nettuno rappresenta una vera impresa anche perché una sonda potrebbe dover affrontare quelle che si chiamano pioggie di diamanti, precipitazioni alimentate dalla formazione in atmosfera di atomi di diamanti in grado di crescere fino a qualche carato in presenza di ossigeno.

Eppure, nonostante le atmosfere di questi giganti ghiacciati siano molto fredde, una sonda si riscalderebbe in modo significativo durante la discesa, come mai nessuna missione ha dovuto affrontare finora.

«La sfida è che qualsiasi sonda sarebbe soggetta a pressioni e temperature elevate e quindi richiederebbe un sistema di protezione termica ad alte prestazioni per sopportare l’ingresso in atmosfera per un periodo di tempo utile», afferma Louis Walpot, ingegnere aerotermodinamico dell’Esa.

Per comprendere cosa succederebbe a una sonda, Esa ha ricreato le condizioni di discesa su questi giganti ghiacciati all’interno di due laboratori: la galleria ipersonica al plasma T6 Stalker dell’Università di Oxford e le gallerie del vento al plasma dell’High Enthalpy Flow Diagnostics Group dell’Università di Stoccarda.

I test sono riusciti a simulare una velocità di ingresso in atmosfera pari a 19 km al secondo, non riuscendo per ora a raggiungere la reale velocità di ingresso delle sonde atmosferiche per i giganti ghiacciati: questa risulta essere, infatti, pari alla velocità necessaria alle sonde per orbitare intorno a Urano e Nettuno, ossia 24 km al secondo.

Passaggio fondamentale prima di sviluppare una futura missione sarà quindi quello di potenziare le simulazioni per ricreare esattamente le reali condizioni di discesa su Urano e Nettuno.

«Per iniziare a progettare un sistema di questo tipo dobbiamo prima adattare le attuali strutture di prova europee per riprodurre le composizioni e le velocità atmosferiche in questione», conclude Louis Walpot.

Immagine in evidenza: i test presso le gallerie del vento presso lo High Enthalpy Flow Diagnostics Group. Crediti: High Enthalpy Flow Diagnostics Group – Università di Stoccarda