Il Pianeta Rosso continua a riservare sorprese alla comunità scientifica e torna in prima pagina per una scoperta relativa alla sua struttura interna: infatti, dall’analisi dei dati sismici della missione InSight della Nasa (conclusa a dicembre 2022) è emerso che il nucleo di Marte sarebbe avvolto da una sorta di ‘coperta’ costituita da silicati allo stato liquido.
La scoperta è stata illustrata nell’articolo “Geophysical evidence for an enriched molten silicate layer above Mars’ core”, appena pubblicato su Nature; l’indagine è stata condotta da un team internazionale di studiosi, coordinato dal Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) di Parigi.
I ricercatori, in base ai dati dei terremoti registrati da InSight, hanno appunto individuato la presenza dello strato liquido di silicati; si tratta di un tipo di minerale che entra nella composizione del mantello e della crosta di Marte. La scoperta, secondo gli studiosi, ha implicazioni non solo per quanto riguarda l’identikit dell’interno del pianeta, ma anche per comprendere la sua evoluzione.
Il gruppo di lavoro, quindi, ha determinato che il nucleo di Marte è più denso e più piccolo rispetto alle stime effettuate in precedenza. Inoltre, lo strato liquido che lo circonda svolge il ruolo di ‘coperta’: si comporta infatti come un isolante, impedendogli di raffreddarsi, e produce in esso una concentrazione di elementi radioattivi il cui decadimento crea calore. Quando si verificano questo processi – spiegano gli esperti – il nucleo, probabilmente, non è in grado di dare il via ai moti convettivi da cui si sarebbe creato un campo magnetico: una protezione che su Marte è infatti presente in maniera molto debole. Senza questo scudo, Marte avrebbe subito pesantemente l’azione dei venti solari, perdendo la sua acqua di superficie e assumendo l’aspetto desolato che conosciamo.
Quindi, la ‘coperta’ tra nucleo e mantello – spiegano gli studiosi – implica che il campo magnetico ‘registrato’ nella crosta del pianeta durante i primi 500/800 milioni di anni della sua evoluzione doveva essere stato prodotto da fonti esterne. Tra i fattori scatenanti sono stati considerati impatti violenti oppure interazioni gravitazionali con antichi satelliti naturali – poi spariti – che avrebbero generato movimenti nel nucleo.
Le conclusioni cui è giunto il team supportano una particolare ipotesi sull’evoluzione di Marte: secondo questa teoria, il pianeta un tempo sarebbe stato un oceano di magma che successivamente si sarebbe cristallizzato e avrebbe prodotto uno strato liquido di silicati ricchi di ferro ed elementi radioattivi nella base del mantello. Il calore emesso da tali elementi avrebbe poi alterato in maniera drastica la storia di Marte per quanto riguarda l’evoluzione termica e il raffreddamento.
InSight, che è stato attivo per 1440 sol (giorni marziani) ha concluso la sua missione scientifica lo scorso 21 dicembre, ma si farà ‘sentire’ ancora a lungo per la messe di dati che ha raccolto.
In alto: elaborazione artistica dell’interno di Marte con lo strato liquido di silicati (Crediti: Ipgp-Cnes)