Le rocce lunari prelevate dalle missioni Apollo hanno subìto una contaminazione magnetica non significativa per mano dei veicoli spaziali che li hanno portati sulla Terra.

È il risultato di un nuovo studio dell’Università di Stanford, pubblicato su Geophysical Research Letters, secondo cui la magnetizzazione riscontrata sui campioni lunari sarebbe di origine naturale, acquisita dunque sulla Luna, e non determinata, al contrario, dall’esposizione ai forti campi magnetici prodotti dall’elettronica dei veicoli spaziali delle missioni Nasa.
Un riscontro che affossa una delle critiche alla teoria della dinamo lunare, ovvero il processo che avrebbe generato l’antico campo magnetico sul nostro satellite.

Gli esperti ritengono che, come la Terra, anche il nostro satellite abbia avuto in passato un antico campo magnetico alimentato, per oltre 1,5 miliardi di anni, da una dinamo lunare. Il campo magnetico sarebbe cioè generato dalla rotazione e dal rimescolamento dei metalli liquidi all’interno del nucleo del corpo roccioso. Una teoria che tuttavia non spiegherebbe come un piccolo corpo planetario come la Luna possa aver generato un campo magnetico di così lunga durata. Un nucleo piccolo come quello lunare dovrebbe infatti essersi raffreddato rapidamente.

Un quesito che ha alimentato le critiche alla teoria del magnetismo lunare, portando gli esperti che non condividono questo modello a interpretare la magnetizzazione riscontrata nei campioni di roccia lunare come effetto della contaminazione da parte di campi magnetici artificiali. Secondo i critici, la loro magnetizzazione sarebbe avvenuta durante il viaggio di ritorno sulla Terra o a causa di alcune procedure di laboratorio. Una ipotesi che sembrerebbe ora affossata dal nuovo studio.

Due ricercatrici dell’Università di Stanford, Sonia Tikoo e Ji-In Jung, hanno sottoposto otto campioni di roccia lunare provenienti da quattro missioni Apollo a campi magnetici circa 100 volte più forti di quello terrestre. Un’esposizione durata due giorni per simulare le tempistiche di un viaggio di ritorno dalla Luna. L’esperimento è stato finalizzato a comprendere, in primo luogo, quanto la contaminazione da parte di un campo magnetico artificiale possa essere rimovibile.

Il riscontro ottenuto dalle indagini è che, in quasi tutti i casi, le tecniche specialistiche comunemente utilizzate per rimuovere la contaminazione magnetica causata dai veicoli spaziali si sono rivelate di successo. Questo confermerebbe quindi che la magnetizzazione riscontrata nei laboratori terrestri sui campioni Apollo è stata acquisita sulla Luna.

La ricerca, inoltre, offre importanti informazioni per lo sviluppo di future missioni di campionamento destinate allo studio del magnetismo dei corpi rocciosi del Sistema Solare. Secondo i ricercatori, sarebbe bene evitare veicoli spaziali con campi artificiali troppo alti; allo stesso tempo, gli scudi magnetici non dovranno essere necessariamente troppo pesanti, potendo così limitarne il peso e la massa a favore di altri strumenti scientifici.

 

Immagine in evidenza: i campioni lunari esposti nel laboratorio di paleomagnetismo di Stanford. Crediti: Harry Gregory