È stato progettato e costruito quasi interamente da studenti universitari, il piccolo satellite che si è guadagnato un posto sul lanciatore Vega Vv23 in partenza entro la fine di questa settimana. La data esatta è ancora da confermare, ma quel che è certo è che sarà un volo molto particolare. A bordo del vettore europeo ci sarà infatti Est Cube-2, nanosatellite grande quanto una scatola da scarpe, ideato da un team di studenti dell’Università di Tartu in Estonia in collaborazione con l’organizzazione studentesca Tudengisatelliit.

Piccolo satellite, ma obiettivi ambiziosi: Est Cube-2 punta a realizzare la prima dimostrazione in orbita del ‘freno al plasma’, una tecnologia ideata per affrontare il sempre più urgente problema dei detriti spaziali. Il progetto prevede il dispiegamento di un microtether carico che dovrebbe rallentare l’orbita del cubesat – respingendo il plasma circostante e ‘frenando’ appunto il satellite. Su più ampia scala, una tecnologia simile potrebbe permettere di rallentare l’orbita dei satelliti in disuso e farli decadere per poi bruciarsi in atmosfera, riducendo così la quantità di ‘spazzatura spaziale’.

Se questa missione avrà successo, si tratterà del primo utilizzo della tecnologia E-sail, basata appunto sul meccanismo del freno al plasma e inizialmente ideata dall’Istituto meteorologico finlandese come mezzo senza propellente per esplorare il Sistema Solare.

Per adesso, il liftoff di Vega Vv23 atteso per questa settimana metterà alla prova una tecnologia innovativa sviluppata in gran parte nelle aule universitarie. Proprio dove, oltre trent’anni fa, è iniziata l’avventura dei cubesat, inizialmente pensati per scopi didattici. Verso la fine degli anni ’90 Bob Twiggs e Jordi Puig-Suari, due professori rispettivamente all’Università di Stanford e all’Università Politecnica della California, decisero infatti di utilizzare in classe dei piccoli prototipi di satelliti. I primissimi cubesat.

Oggi i nanosatelliti sono arrivati a sfide tecnologiche prima inimmaginabili, come con LiciaCube, nanosatellite dell’Agenzia Spaziale Italiana a bordo della missione dimostrativa di difesa planetaria della Nasa Dart, che ha immortalato il primo tentativo di deviazione di un asteroide da parte di una sonda. Oppure ArgoMoon, cubesat sempre italiano, che volerà a bordo dello Space Launch System durante la missione Artemis 1 verso la Luna. Tanto che lo scorso anno l’Italia ha deciso di puntare su questa tecnologia con Alcor, il programma dell’ASI volto a finanziare appunto lo sviluppo di nanosatelliti.