Si chiamano banded iron bed e sono rocce sedimentarie ricche di ferro caratterizzate da peculiari bande colorate, prevalentemente arancioni e nere. Queste larghe strisce, una sopra l’altra, sono il segno di come tali rocce si siano generate: il ferro si è depositato sul fondo degli antichi oceani terrestri molto tempo fa, formando così strati densi che alla fine si sono trasformati in pietra.
Queste affascinanti rocce, secondo un nuovo studio pubblicato su Nature Geoscience, potrebbero essere il collegamento tra la comparsa della fotosintesi e i processi planetari come il vulcanismo e la tettonica a placche. Fenomeni finora ritenuti slegati tra loro.
Da un lato, si pensa che il ferro sia precipitato sui fondali marini a seguito dell’accumulo di ossigeno in atmosfera da parte dei primi cianobatteri, circa 2,5 miliardi di anni fa; dall’altro, queste rocce ricche di ferro sono poi confluite nel mantello terrestre a causa dei movimenti tettonici.
La nuova ricerca suggerisce ora che un accumulo denso di queste rocce nelle profondità del mantello potrebbe aver causato le più grandi eruzioni vulcaniche terrestri. L’ipotesi dei ricercatori, basata su osservazioni da studi di tettonica, geodinamica, fisica minerale e sismologia, ritiene che le regioni del mantello inferiore estremamente arricchite di ferro potrebbero aver favorito la formazione dei pennacchi del mantello: blob di materia fusa che dal confine con il nucleo terrestre si spinge fin sulla superficie, in grado così di produrre enormi vulcani come quelli che hanno formato le isole Hawaii.
«Sotto le Hawaii, i dati sismologici ci mostrano un condotto caldo di risalita del mantello — afferma Duncan Keller, autore principale dello studio — Immaginate un punto caldo sul fornello della vostra cucina. Quando l’acqua nella vostra pentola bolle, vedrete più bolle su una colonna d’acqua che sale in quell’area. I pennacchi di mantello sono una sorta di versione gigante di questo fenomeno».
L’ipotesi avanzata dalla ricerca collega dunque la chimica degli oceani terrestri alla dinamicità interna del mantello, quindi la conseguente produzione crostale che ne deriva.
Secondo lo studio, infatti, vi è una correlazione cronologicamente plausibile tra la formazione di rocce ricche di ferro trascinate nelle profondità della Terra e la loro influenza sui flussi di calore all’interno del mantello, da cui si sono generati i grandi pennacchi verso la superficie terrestre a migliaia di chilometri di altezza.
«Abbiamo esaminato le età di deposito che hanno generato le banded iron bed e le età dei grandi eventi di eruzione basaltica, chiamati grandi province ignee, e abbiamo scoperto che c’è una correlazione — continua Keller — Molti degli eventi ignei – che erano così massicci che i 10 o 15 più grandi potrebbero essere stati sufficienti a far riemergere l’intero pianeta – sono stati preceduti dalla deposizione di banded iron bed a intervalli di circa 241 milioni di anni, con una variabilità di 15 milioni. È una forte correlazione con un meccanismo che ha senso».
La ricerca fornisce così nuove indicazioni sui processi che potrebbero rendere abitabili esopianeti lontani dal nostro Sistema Solare.
Immagine in evidenza: Una roccia sedimentaria ricca di ferro che ha un’età di circa 2,7 miliardi di anni. Le bande scure sono ossidi di ferro (magnetite, ematite) e le bande rosso-arancio sono ceramiche con inclusioni di ossidi di ferro (diaspro). Crediti: Linda Welzenbach-Fries/Rice University