Risponde all’esigenza di superare vincoli normativi da parte della Federal Aviation Administration – FAA -, la proposta della start up The Spaceport Company per una base di lancio in mare aperto utile a superare il congestionamento sulla terraferma.
Una “liftboat” sempre disponibile che carica il razzo da un porto, arriva in mare aperto, chiede l’approvazione dalla FAA, lancia e rientra in porto. Questa la nuova proposta della piccola compagnia che risponde alle crescenti esigenze del nuovo mercato emergente, quello dei lanci dagli spazioporti.
Si tratterebbe di un nuovo tipo di offerta che garantirebbe una frequenza ciclica, tempi di consegna rapidi, facile trasportabilità in prossimità dei siti di produzione, e quindi meno cara.
Per il Dipartimento della Difesa americano, è necessario avere una risposta immediata per qualsiasi esigenza di lancio “sempre e ovunque” e a tal fine è necessario aumentare il numero di fornitori di lancio e piattaforme disponibili.
La risposta della start up non si è fatta attendere e la proposta prevede che queste nuove infrastrutture marine siano agili, resistenti e disaggregati. «La nostra infrastruttura combina hardware unico, software proprietario e pre-approvazioni del governo degli Stati Uniti, uniche nel loro genere per soddisfare queste esigenze e consentire il trasporto di massa da e verso l’orbita», conferma Tom Marotta, fondatore e amministratore delegato dell’azienda, durante una presentazione alla conferenza SpaceCom, tenutasi a Orlando tra il 21 e il 23 febbraio scorso.
Una risposta alla crescente attività di lancio a Cape Canaveral, congestionata da richieste continue che non trovano risposte immediate, per il rilascio di licenze da parte della Federal Aviation Administration.
Il caso dello spazioporto nella contea di Camden, in Georgia, ne è una dimostrazione: anni per ottenere una licenza dalla FAA e dopo averla ottenuta, un referendum promosso dai proprietari terrieri del sito nella contea ha bloccato l’acquisizione di terreni per il sito, una decisione recentemente confermata dalla Corte Suprema della Georgia.
«Costruire più navi per soddisfare una maggiore domanda di lancio invece che andare a cercare 100 acri sulla costa da qualche parte», conferma Marotta.
Le prime piattaforme marittime opererebbero a diversi chilometri al largo, rimanendo nelle acque territoriali statunitensi a 60 metri di profondità, con un’autonomia di manovra sull’intera costa orientale e in qualsiasi porto industriale.
Sparse sulla costa ci sarebbero piccoli veicoli di lancio di dimensioni dell’Alpha di Firefly Aerospace, che può mettere in orbita circa una tonnellata. A differenza dei siti di lancio commerciale a terra, le piattaforme marittime di Spaceport Company non avrebbero bisogno di una licenza spaziale FAA, nota come Part 420 e che definisce i requisiti per le imprese che devono lanciare.
In questo contesto, si fa largo la capacità di aggirare i vincoli normativi senza incorrere in divieti o altri ostacoli: «Dipende da come definiamo uno spazioporto, che è una posizione fissa sulla Terra», ha detto Pam Underwood, direttore dell’Office of Spaceports della FAA, durante la conferenza SpaceCom.
I vincoli di sicurezza sarebbero comunque rispettati nei termini richiesti dalla normativa Part 420 affermano Underwood e Marotta.
Il lancio in mare non è un’idea nuova. L’impresa multinazionale Sea Launch ha condotto dozzine di lanci del razzo Zenit-3SL utilizzando una piattaforma petrolifera convertita prima di essere messa da parte per problemi finanziari e geopolitici. Più recentemente, la Cina ha dimostrato l’uso di navi convertite come piattaforme di lancio per piccoli veicoli.
Nel frattempo, The Spaceport Company lavora per chiudere contratti con fornitori di servizi di lancio. Ha un memorandum d’intesa con Virginia Space, che gestisce il Mid-Atlantic Regional Spaceport a Wallops Island, per studiare come le piattaforme della compagnia potrebbero essere utilizzate per integrare le strutture di lancio esistenti di spazioporti.
Le partnership insieme ai lanci dimostrativi di maggio pv, possano stimolare la raccolta di fondi per costruire le piattaforme, potenzialmente pronte per entrare in servizio entro il 2025.
In apertura: una rappresentazione di una piattaforma di lancio mobile in mare per risolvere la congestione dei siti di lancio esistenti. Credito: The Spaceport Company