Come fanno ad alimentarsi i supermassicci, buchi neri con masse milioni di volta superiori al Sole, rimane da tempo uno degli enigmi più grandi dell’astronomia.
Questi giganteschi fagocitatori devono, infatti, divorare enormi quantità di carburante per sostenere la loro attività e una costante crescita. Una dieta incontrollata che non può essere spiegata solo dal gas custodito dalla galassia al cui centro è ospitato il supermassiccio. Un’ipotesi avanzata da tempo dagli astronomi è, dunque, che le risorse necessarie al divoratore possano giungere dall’ambiente circostante e dall’interazione con altre galassie, senza tuttavia aver trovato finora chiare prove sperimentali.
Una nuova ricerca condotta dall’Università di Southampton rivela oggi, per la prima volta, come i supermassicci si nutrano di cibo intergalattico: riescono, cioè, ad attrarre nubi di gas che viaggiano per centinaia di migliaia di anni luce da una galassia all’altra.
La ricerca, pubblicata su Nature Astronomy, dimostra un legame cruciale tra l’interazione tra galassie vicine e l’enorme quantità di gas necessaria a un supermassiccio.
In alcune galassie è osservabile una particolare forma di gas chiamato disallineato, in quanto ruota in direzione diversa rispetto alle stelle della galassia. Questo gas ribelle è la prova lampante di passate interazioni tra galassie, incontri cosmici che hanno modificato la traiettoria con cui viaggiano le nubi di gas.
Osservando oltre 3000 galassie tramite il telescopio Anglo-Australiano, il team di ricercatori ha selezionato tutte le galassie con gas disallineato identificabili nel campione.
Ciò che è emerso è che in presenza di gas disallineato è stata registrata un’attività maggiore dei supermassicci. Le strutture disallineate favorirebbero, infatti, l’afflusso di gas verso il nucleo galattico, alimentando maggiormente il buco nero centrale.
Secondo lo studio, il gas viene trasferito nel punto in cui due galassie si incontrano, per poi percorrere vaste distanze nello spazio e soccombere alle enormi forze gravitazionali del buco nero: il divoratore, infatti, lo attira e lo inghiotte come risorsa vitale.
La ricerca, che per la prima volta ha identificato il gas catturato dal supermassiccio tracciandone il percorso fino al centro galattico, apre ora un nuovo scenario: i ricercatori sperano, infatti, di poter utilizzare le loro scoperte per calcolare quanta massa specifica riescono a sviluppare i supermassicci attraverso questo meccanismo, e quanto tale processo sia stato importante nell’Universo primordiale.
«I buchi neri supermassicci possono far brillare i centri delle galassie in modo molto intenso quando catturano il gas e si pensa che questo processo possa avere un’influenza importante sull’aspetto delle galassie di oggi», afferma Sandra Raimundo, primo autore della ricerca.
Immagine in evidenza: due galassie interagenti viste dal telescopio spaziale Hubble. Crediti Nasa/Esa/Hubble Heritage Team