I dati del telescopio Fermi della Nasa possono essere utilizzati per studiare le onde gravitazionali a bassa frequenza derivanti dalla fusione di buchi neri supermassicci al centro di galassie in merging tra loro. Lo afferma uno studio del Max Planck Institute of Radio Astronomy di Bonn, pubblicato su Science.

L’Italia partecipa alla missione Fermi con la progettazione e costruzione dey tray che compongono le 16 torri del tracker del Large Area Telescope e la loro integrazione a responsabilità Infn e lo sfruttamento dei dati scientifici da parte Infn e Inaf, tutto finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana. La gestione, distribuzione ed analisi dei dati è affidata in Italia allo Space Science Data Center di Asi.

Al centro della maggior parte delle galassie si trova un buco nero supermassiccio. Le galassie sono attratte l’una dall’altra e quando si fondono i loro buchi neri si trovano al loro centro. Quando questi ultimi si muovono a spirale verso l’interno e si fondono, creano lunghe onde gravitazionali che si estendono per centinaia di trilioni di chilometri. L’Universo è pieno di buchi neri supermassicci in fusione, che producono molte increspature spaziotemporali a bassa frequenza.

Gli astronomi hanno cercato queste onde per decenni osservando gli impulsi delle pulsar, i densi resti delle stelle massicce. Le pulsar ruotano con estrema regolarità e gli scienziati sanno esattamente quando aspettarsi ogni pulsazione. Il mare di onde gravitazionali subisce alcune alterazioni quando gli impulsi arrivano sulla Terra e il monitoraggio preciso di molte pulsar nel cielo può rivelarne la presenza.

Le precedenti ricerche hanno utilizzato esclusivamente grandi radiotelescopi, che raccolgono e analizzano le onde radio. Al contrario, il team del Max Planck ha cercato queste minuscole variazioni in più di dieci anni di dati raccolti dal telescopio a raggi gamma Fermi. L’uso dei raggi gamma al posto delle onde radio offre una visione più chiara delle pulsar e fornisce un modo indipendente e complementare per rilevare le onde gravitazionali.

La luce assume molte forme. Le onde radio a bassa frequenza possono passare attraverso alcuni oggetti, mentre i raggi gamma ad alta frequenza esplodono in sciami energetici di particelle quando incontrano la materia. Le onde gravitazionali coprono anche un ampio spettro e gli oggetti più massicci tendono a generare onde più lunghe.

È impossibile costruire un rivelatore abbastanza grande da rilevare queste onde, quindi gli astronomi usano rivelatori naturali chiamati array di temporizzazione pulsar. Si tratta di raccolte di pulsar che ruotano con tempi del millisecondo e che brillano sia nelle onde radio sia nei raggi gamma.

Le pulsar sono state originariamente scoperte utilizzando i radiotelescopi e gli esperimenti di temporizzazione delle pulsar con radiotelescopi sono stati operati per quasi due decenni. Questo sistema di parabole molto grandi consente di avere la massima sensibilità nell’individuare gli effetti delle onde gravitazionali, tuttavia gli effetti del mezzo interstellare complicano l’analisi dei dati radio.

Lo spazio è per lo più vuoto, ma nell’attraversare la vasta distanza tra una pulsar e il nostro pianeta, le onde radio incontrano molti elettroni. Gli elettroni interstellari ‘piegano’ le onde radio e alterano il loro tempo di arrivo. I raggi gamma energetici al contrario, non sono influenzati in questo modo e forniscono un metodo complementare e indipendente per la stima del timing delle pulsar.

Secondo i ricercatori i risultati di Fermi ad oggi valgono come il 30 percento dei dati ottenuti con la stima dei radiotelescopi e il timing array di pulsar. Con altri 5 anni di dati, però, potremmo aspettarci risultati ancora più precisi fino a giungere ad essere equivalenti ai dati radio con il vantaggio di non doversi preoccupare degli elettroni, da cui i raggi gamma non sono influenzati.

«Fermi continua a contribuire alle scoperte di astrofisica multimessaggera – afferma Elisabetta Cavazzuti, Responsabile del Programma Fermi per l’Asi –  in questo caso con la sua capacità di raccogliere dati in maniera uniforme e per lunghi tempi di osservazione (in questo caso sono stati usati 12,5 anni di dati). La vita operativa della missione è infatti sempre estesa dalla Nasa dati i successi scientifici come questo ultimo studio».

Immagine: il Large Area Telescope di Fermi colleziona dati da una pulsar millisecondo. Credit:Danielle Futselaar/Mpifr (Artsource.Nl)