Si intensifica lo studio della Luna in vista delle prossime spedizioni umane.
I risultati di uno studio sui campioni lunari sono stati presentati all’Europlanet Science Congress 2021, che si è concluso la scorsa settimana. Polveri e rocce dell’Oceanus Procellarum, il mare lunare più grande e visibile a nord ovest della faccia rivolta verso la Terra, sono stati esaminati da Yuqi Qian, dottorando dell’Università di Geoscienze a Pechino.
Quasi due chili di materiale sono stati recuperati durante la missione di esplorazione lunare Chang’e-5, rientrata sulla Terra il 16 dicembre 2020 e tornata a orbitare intorno alla Luna il 7 settembre. Era dal 1976 che non venivano prelevati nuovi campioni dal nostro satellite, ed è la prima volta che i laboratori terrestri ricevono un pezzetto di luna proveniente dall’Oceanus Procellarum. E’ una delle aree geologiche più giovani, circa due miliardi di anni e, come tutti i mari della Luna, si è formato col magma solidificato di basalto di antiche eruzioni vulcaniche. Per questa ragione i mari si distinguono per essere le aree più scure: sono composte da un materiale chiamato “basalto di mare”.
Tuttavia il 10% del materiale analizzato da Qian presenta composizioni chimiche “atipiche”, cioè nettamente diverse rispetto agli elementi trovati in loco. Una delle ipotesi è che si tratti della polverizzazione di rocce spaziali che nel tempo hanno colpito la Luna. A questo scopo gli scienziati hanno elaborato dei modelli sui crateri lunari da impatto di giovane formazione: Aristarchus, Kepler e Copernicus a sud e sud-est, Harding a nord-ovest e Harpalus a nord-est. Quest’ultimo presenta alcune somiglianze con i frammenti prelevati da Chang’e-5. Ciò che emerge quindi, oltre alla possibilità di poter risalire all’età incerta di Harpalus, è che questi frammenti potrebbero essere stati gettati a quasi 1300 chilometri di distanza a causa di un impatto.
Qian e i colleghi americani e tedeschi della Brown University e dell’Università di Münster stanno elaborando potenziali fonti di materiale vetroso raffreddato rapidamente. Questi elementi sono stati localizzati su particolari fenditure rocciose conosciute come Rima Mairan e Rima Sharp, situate rispettivamente a 230 e 160 chilometri da sito di atterraggio di Chang’e-5. Sebbene ancora non si conosca la causa precisa della formazione delle Rimae, si presume che siano bocche vulcaniche ormai estinte o ciò che rimane di antichi fiumi di lava; questi frammenti potrebbero fornire informazioni su episodi passati di attività vulcanica simili a una fontana.
L’elaborazione e la revisione del lavoro di diverse squadre ha messo in relazione altri elementi di roccia atipica con le Tholus lunari, piccoli rilievi presumibilmente di origine vulcanica ricchi di silice, che circondano il sito di atterraggio.
«Tutti i materiali locali e atipici riportati da Chang’e-5 possono essere utilizzati per rispondere a una serie di ulteriori domande scientifiche – ha affermato Qian – Affrontare questi aspetti ci aiuterà ad approfondire la nostra comprensione della storia della Luna e a prepararci per ulteriori esplorazioni lunari».
Mentre la Nasa non ha intenzione di scambiare con la Cina il materiale lunare raccolto dalle missioni Apollo, è già in programma una seconda missione di ritorno campioni Chang’e-6 in collaborazione con la Russia. Il 3 gennaio del 2019, con la missione Chang’e-4, la Cina è stata la prima nazione a realizzare un atterraggio sulla faccia nascosta della Luna.
Immagine in apertura: sito di atterraggio di Chang’e-5 e le regioni esaminate come possibili sorgenti di materiale atipico prelevato dalla missione. Crediti: Yuki Qian