Cento milioni di anni dopo il Big Bang, da nubi di gas primordiali ricche di idrogeno ed elio e di poche tracce di metalli leggeri, potrebbero essersi formate le prime stelle dell’Universo. Probabilmente le loro masse erano fino a mille volte quella del nostro Sole e, vista la loro grandezza, si pensa che in pochi milioni di anni siano collassate ed esplose in supernovae. Durante questo processo hanno forgiato ed eiettato elementi più pesanti, come il carbonio, che hanno poi nutrito le successive generazioni di stelle. Le stelle di seconda generazione sono chiamate stelle povere potenziate dal carbonio e sono come dei fossili galattici, poiché mantengono le registrazioni dell’arricchimento chimico avvenuto. La loro composizione è rappresentata infatti dalla fusione con gli elementi più pesanti prodotti dalle prime stelle. 

Un nuovo studio , condotto da un team di ricercatori internazionali che vede un importante contributo di scienziati italiani, ha realizzato, per la prima volta, un modello computerizzato per indagare l’origine delle prime stelle prive di metalli agli albori dell’Universo.

Le simulazioni condotte dal team hanno mostrato che, nel corso delle esplosioni stellari, sono state prodotte grandi quantità di carbonio . Il carbonio, contenuto nella nube di gas prodotta dalla supernova, avrebbero portato alla formazione di stelle di piccola massa che potrebbero esser sopravvissute fino ai nostri giorni e che quindi potrebbero essere trovate e osservate. Rispetto alle stelle potenziate dal carbonio, queste stelle presentano livelli di ferro molto più bassi.

«Lo scopo di questo studio è conoscere l‘origine di elementi, come carbonio, ossigeno e calcio. Questi elementi sono concentrati attraverso i cicli ripetitivi di materia tra il mezzo interstellare e le stelle. I nostri corpi e il nostro pianeta sono fatti di carbonio e ossigeno, azoto e calcio», ha commentato Gen Chiaki, principale autore dello studio. 

Lo studio, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, rientra nell’ambito dell’archeologia galattica: poichè non è possibile osservare direttamente le prime generazione di stelle, è necessario studiare i fossili stellari per riuscire a comprendere i caratteri delle stelle ormai scomparse.  

Immagine in evidenza: Chiaki, et al.