Triste, solitario y final era il titolo di un romanzo di Osvaldo Soriano pubblicato in Italia nel 1974 e potrebbe rilevarsi adatto, almeno per la parte triste e solitaria a molti corpi celesti che vagano nel cosmo senza un centro di gravità permanente. Asteroidi, comete, stelle… non possono mancare i pianeti.
È quanto si ripromettono, grazie a nuove simulazioni effettuate, gli astronomi grazie al Roman Space Telescope della Nasa, Nancy Grace: questo, infatti, sarà in grado di rivelare una miriade di pianeti vagabondi, corpi liberamente viaggianti che fluttuano nella nostra galassia senza alcun legame con una stella.
I risultati di questa simulazione, pubblicati sull’Astronomical Journal, si concentrano sulla capacità del Roman Space Telescope di localizzare e caratterizzare pianeti isolati. Finora gli astronomi hanno scoperto solo alcuni di questi mondi nomadi perché sono molto difficili da rilevare.
Gli astronomi con il Roman Space Telescope si avvarranno del cosiddetto effetto della lente gravitazionale che si verifica perché la presenza di massa deforma il tessuto spazio-temporale. L’effetto è estremo intorno a oggetti molto massicci, come i buchi neri e intere galassie ed è usato per guardare a galassie prossime alla nascita dell’Universo. Ma, nel loro piccolo, anche i pianeti solitari causano un grado rilevabile di deformazione, l’effetto chiamato microlensing, usato anche per la ricerca di esopianeti.
Se un pianeta si allinea con una stella più distante rispetto al nostro punto di osservazione, la luce della stella si piegherà mentre viaggia attraverso lo spazio-tempo curvo attorno al pianeta. Il risultato è che il pianeta agisce come una lente d’ingrandimento naturale, amplificando la luce dalla stella sullo sfondo. Gli astronomi vedono l’effetto come un picco nella luminosità della stella mentre la stella e il pianeta si allineano. Misurare come il picco cambia nel tempo rivela indizi sulla massa del pianeta vagabondo.
Questi mondi sono essenzialmente invisibili, ma l’intento è scoprirli indirettamente grazie ai loro effetti gravitazionali sulla luce di stelle più lontane. Secondo gli autori dello studio grazie al Roman Telescope sarà possibile rilevare pianeti delle dimensioni di Marte.
Il processo di costruzione dei pianeti può essere caotico, fatto di collisioni di oggetti più piccoli che, talvolta, si uniscono tra loro per formare corpi più grandi. Occasionalmente le collisioni possono essere così violente da scagliare un pianeta fuori dalla morsa gravitazionale della sua stella madre. A meno che non riesca a trascinare con sé una luna, il mondo appena orfano è condannato a vagare da solo per la galassia.
I pianeti isolati possono anche formarsi da nuvole di gas e polvere, in modo simile a come crescono le stelle. Una piccola nuvola di gas e polvere potrebbe collassare per formare un pianeta centrale invece di una stella, con lune invece di pianeti che lo circondano.