È simile alla Terra per dimensioni e composizione chimica, ma vicinissimo alla sua stella madre, caratteristica che lo rende un mondo infernale, con probabili oceani di lava in superficie e un giorno che dura poco più di sei ore e mezzo. Questo scenario estremo descrive l’esopianeta K2-141b: a scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori guidati dall’italiano Luca Malavolta, in forza al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova e all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Ad accompagnare K2-141b c’è un altro pianeta, di tipo nettuniano, denominato K2-141c, su un’orbita più distante dalla stella madre. Il sistema planetario inizialmente individuato dalla sonda Kepler della NASA è stato confermato e studiato dal team di cui fa parte Malavolta grazie alle osservazioni realizzate con il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) dell’INAF e al suo strumento HARPS-N.
“Il raggio e la massa di K2-141b sono leggermente più grandi di quello della Terra ovvero 1,5 e 5 volte quelli terrestri e per questo viene classificato come super-Terra”, dice Malavolta. “Conoscendo il raggio e la massa è possibile confrontare la densità del pianeta con le predizioni teoriche e stabilire la sua composizione chimica, che risulta essere simile a quella della Terra, con una frazione di ferro tra il 30% e 50% della massa planetaria nel nucleo e la restante percentuale in silicati, ovvero i minerali più diffusi sul nostro pianeta, nel mantello”.
K2-141b completa un’orbita attorno alla sua stella madre in 6,7 ore e questo dato permette di segnare un record: è il pianeta con periodo più breve finora conosciuto e di cui si siano determinati raggio e massa. Visto che il moto orbitale e quello di rotazione del pianeta sono sincronizzati a causa delle interazioni mareali stella-pianeta, il pianeta mostra sempre la stessa faccia verso la sua stella, proprio come la Luna fa con la Terra. “I modelli di formazione planetaria non prevedono l’esistenza di pianeti così vicini alla loro stella, e con solo altri otto pianeti di periodo ultra-breve con composizione interna nota, l’origine di questi pianeti è ancora da capire”, sottolinea Malavolta.
La stella K2-141 attorno al quale orbita il pianeta è una nana arancione che ha una temperatura superficiale di 4600 kelvin; è leggermente più piccola e fredda del Sole e la sua massa e raggio sono circa il 70% di quelli della nostra stella. I due pianeti sono stati identificati con la tecnica del “transito”: durante il suo moto orbitale, per un’inclinazione favorevole dell’orbita, un pianeta passando davanti al disco della sua stella blocca una minima frazione della luce stellare e ciò lo rende “visibile” agli strumenti come Kepler che in quel momento sono “a caccia” di esopianeti. L’osservazione del transito con i dati di Kepler in generale consente di misurare solo il raggio del pianeta. Le osservazioni di velocità radiale HARPS-N sono state fondamentali per determinare anche la massa e la densità del pianeta K2-141b e poterne dunque comprendere la natura, la struttura interna e la composizione chimica.
Malavolta aggiunge: “Le Super-Terre sembrano essere molto diffuse nella nostra galassia, sebbene non abbiano uguali nel nostro Sistema solare, ed è fondamentale conoscerne le caratteristiche interne per capire se seguano lo stesso processo di formazione della Terra. Nonostante i 3500 pianeti scoperti finora, poco più di una decina di Super-Terre hanno massa e raggio conosciuti con sufficiente precisione da poterne studiare la composizione interna”.
Come detto, dall’analisi della luce proveniente da K2-141 è stata rilevata la presenza di un secondo pianeta transitante attorno alla stella: K2-141c ha un periodo di 7,7 giorni e ha le dimensioni di un Nettuno o un Super-Nettuno. La presenza del secondo pianeta potrebbe suggerire che i pianeti di periodo ultrabreve siano il risultato di una migrazione verso la stella dal luogo della loro formazione meno turbolenta rispetto ai giganti gassosi caldi su orbite di pochi giorni, che invece raramente sono accompagnati da pianeti vicini.
L’ulteriore, inattesa scoperta relativa a questo sistema planetario riguarda l’osservazione dell’eclisse secondaria di K2-141b, ovvero la diminuzione di luce che si osserva quando il pianeta orbita dietro la stella. Quest’ultima, venendosi a frapporre fra l’osservatore e il pianeta durante la fase di opposizione, nasconde proprio la luce del pianeta stesso che è in parte dovuta a emissione termica, in parte alla frazione di luce della stella riflessa dal pianeta. Si tratta di una diminuzione molto più tenue di quella del transito e pertanto difficile da rivelare. A individuare il fenomeno è stato Aldo Stefano Bonomo dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino, anch’egli nel team che ha studiato K2-141 e i suoi pianeti.
Da considerazioni di tipo teorico, si ritiene che l’esopianeta roccioso K2-141b non abbia un’atmosfera densa di elementi volatili perché, a distanze così ravvicinate dalla stella, il flusso ultravioletto e X della stella e il vento stellare dovrebbero aver eroso qualunque atmosfera primitiva del pianeta. Bonomo aggiunge: “Pensiamo che K2-141b non abbia nubi riflettenti ma forse un’atmosfera estremamente rarefatta di vapori di materiale roccioso incapace di trasportare il calore dall’emisfero irradiato (day side, emisfero giorno) a quello nascosto (night side, emisfero notte) e, in effetti, i nostri risultati indicano un forte contrasto di temperatura fra l’emisfero giorno e quello notte del pianeta. Lo scenario più probabile è che la superficie di K2-141b nell’emisfero irradiato sia ricoperta da oceani di lava”. La temperatura superficiale del pianeta nell’emisfero irradiato è, infatti, ben maggiore del punto di fusione dei silicati potendo raggiungere circa i 3000 Kelvin.
Conclude Bonomo: “Avremo tuttavia bisogno di altre misure di eclisse secondaria dallo spazio a diverse lunghezze d’onda per verificare questa ipotesi”. L’Hubble Space Telescope e il futuro James Webb Space Telescope verranno presto in aiuto.