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L’iconica immagine che ritrae il nostro pianeta come un ‘pallido puntino blu’ sospeso nell’Universo ha compiuto 35 anni. La foto della Terra, appena visibile all’interno di un raggio di luce solare, in realtà fa parte di un progetto molto più grande e originale, il primo ‘Ritratto di famiglia’.
Era il febbraio del 1990. La sonda Voyager 1 si trovava a 6 miliardi di chilometri dal Sole, pronta per lasciare il nostro Sistema Solare. Sarebbe stata l’ultima occasione per girare le telecamere e “guardare verso casa un’ultima volta”. Fu questo il motivo per cui l’astronomo Carl Sagan e la squadra della Voyager 1 hanno ritenuto che quell’immagine “fosse necessaria”: l’umanità doveva vedere la vulnerabilità della Terra e che il nostro luogo di nascita è solo un minuscolo e fragile granello nell’oceano cosmico.
Il 13 febbraio la Voyager 1 riscaldò le sue telecamere per tre ore prima di scattare una serie di 60 immagini che furono utilizzate per creare il primo “ritratto di famiglia” del nostro Sistema Solare. Nettuno, poi Urano, Saturno, Marte, il Sole, Giove, Terra e Venere.
Le immagini della Terra furono scattate alle 04:48 del 14 febbraio, appena 34 minuti prima che la Voyager 1 spegnesse per sempre le sue telecamere e risparmiare energia per il lungo viaggio che l’attendeva.
Solo il 1° maggio le immagini arrivarono a Terra per scoprire che alcuni membri della ‘famiglia’ non si vedevano nello scatto: Marte era oscurato dalla luce solare che entrava nella fotocamera, Mercurio era troppo vicino al Sole e Plutone era troppo piccolo, troppo lontano e troppo scuro per essere rilevato. Urano e Nettuno appaiono invece allungati a causa dei 15 secondi di esposizione ripresi mentre la sonda era in movimento nel suo viaggio all’estremità del Sistema Solare.
Ecco come Sagan descrisse l’immagine in uno dei suoi discorsi più celebri, poi pubblicati nel suo libro “Pale Blue Dot: A Vision of the Human Future in Space”: «Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate … l’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, … ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni ‘superstar’, ogni ‘comandante supremo’, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole». Sagan ha poi concluso: «Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino … È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere. Forse non c’è dimostrazione migliore della follia delle vanità umane di questa immagine lontana del nostro piccolo mondo … Per me, sottolinea la nostra responsabilità di trattare gli altri con più gentilezza e di preservare e custodire il pallido puntino blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto».
Nell’agosto 2012, la Voyager 1 è entrata nello spazio interstellare. Ora è l’oggetto più distante mai creato dall’uomo.
Curiosità:
Il gruppo di ricerca della Voyager ha raccontato che l’immagine della Terra, attaccata sulla parete dell’ufficio, doveva essere sostituita spesso perché troppe persone la toccavano.
Per mostrare la portata esclusiva del progetto, il Jet Propulsion Laboratory della Nasa, che ha costruito e gestisce le sonde Voyager, ha montato su una parete del proprio Auditorium ‘Theodore von Kármán’ l’intero mosaico di immagini, grande più di sei metri.
Immagine di copertina: Pale Blue Dot – Revisited, l’immagine ‘restaurata’ nel 2020 – Crediti: Nasa