Sguardi elettronici che vegliano costantemente sullo stato di salute della Terra e ne osservano tutte le caratteristiche (vegetazione, terreni, acque territoriali, ecc…) ad ogni latitudine: sono questi i compiti dei satelliti che operano nel settore Osservazione della Terra, fornendo dati utili e applicazioni per cercare di porre un freno alle bizzarrie del cambiamento climatico e per amministrare con oculatezza un patrimonio ambientale divenuto sempre più precario. Le impennate del clima e, a seguire, una gestione avventata dei territori sono tra i fattori principali di tante catastrofi naturali avvenute negli ultimi anni e che purtroppo non accennano a diminuire, come mostra la recente situazione della foresta amazzonica. Non è un caso, quindi, che temi così delicati siano al centro di numerose attività di ricerca e applicative portate avanti dall’Europa, tramite il programma Copernicus, e dagli Stati Uniti, con progetti condotti dalla Nasa in sinergia con altre agenzie governative, come la Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration).
La tecnologia spaziale a tutela del nostro pianeta è il focus della Phi Week organizzata dall’Esa e in corso proprio in questi giorni presso il centro Esrin di Frascati; si tratta di un evento mirato ad esplorare le ultime novità in termini di tecnologie digitali e a mettere in rilievo come esse possano apportare benefici al monitoraggio della Terra. Ad esempio, l’intelligenza artificiale può fare la differenza per rendere più efficace il controllo dell’andamento dei ghiacci nell’Artico per migliorare la sicurezza della navigazione e di altre attività marittime. È questo il fulcro del progetto Asip (Automated Sea Ice Products), presentato ieri dall’Università Tecnica della Danimarca e dall’Istituto Meteorologico Danese. Il progetto, che intende snellire i lunghi tempi di monitoraggio dovuti alla vastità dell’Artico, è mirato a creare un servizio automatico di news sul ghiaccio che integra le informazioni raccolte dal satellite Sentinel-1B con quelle di altri satelliti, come i dati passivi a microonde. Un altro progetto illustrato durante la Phi Week è stato ideato dall’Università di Leida e vede l’abbinamento di tecnologie digitali e dati satellitari (in questo caso, quelli di Sentinel-2) per comprendere come un territorio possa reagire spontaneamente a situazioni di stress, riparando i danni con i propri processi naturali (rewilding). Il territorio preso in esame è quello della riserva di Oostvadersplassen (presso Amsterdam, foto in alto), dove gli erbivori, introdotti per regolare la diffusione degli arbusti, hanno inciso fin troppo sull’andamento della copertura vegetale.
Anche i satelliti Nasa sono al ‘capezzale’ del nostro pianeta: è proprio di questi giorni uno studio, che ha coinvolto il Laboratorio di Scienze Biosferiche del Goddard Space Flight Center, dedicato all’impatto del cambiamento climatico sugli incendi boschivi. I ricercatori della Nasa e di altre agenzie americane hanno analizzato i dati dei satelliti Ot (come Aqua, Terra e Suomi Npp) e quelli raccolti a terra e hanno tracciato un quadro delle interazioni tra incendi, clima caratterizzato da caldo e siccità e fattore umano. Il quadro emerso da questa indagine potrà essere utilizzato proficuamente per comprendere quali territori siano più a rischio e per intervenire con azioni preventive. Un dato di fatto è certo: ad un maggiore riscaldamento della Terra corrisponde un potenziale rischio di incendi più alto; inoltre, al caldo, alla siccità e alla carenza di precipitazioni si sono aggiunte le temperature notturne elevate, un fattore piuttosto nuovo che peggiora la situazione. Questi esempi mostrano come il monitoraggio satellitare possa fare veramente la differenza: non solo perché integra efficacemente altre forme di rilevamento (ad esempio, quelle in loco), ma anche perché offre una vasta gamma di applicazioni e servizi che permettono di intervenire su situazioni critiche e di gestire in maniera responsabile le risorse del nostro pianeta.