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Tutta colpa di una valvola difettosa. Il fallimento della missione lunare Peregrine della compagnia privata americana Astrobotic è stato causato da un problema apparentemente semplice, il guasto a una singola valvola di controllo della pressione (chiamata Pvc, da pressure control valve). È quanto emerge dai risultati dell’indagine condotta dalla stessa Astrobotic, che negli ultimi mesi ha incaricato 34 esperti, sia interni che esterni all’azienda, di analizzare i risultati raccolti durante l’odissea di Peregrine.

Il report finale, pubblicato il 27 agosto, ricostruisce quanto accaduto, e riconduce il motivo del mancato allunaggio di Peregrine al malfunzionamento della valvola Pvc2, che avrebbe causato un flusso incontrollato di elio pressurizzato nei serbatoi dell’ossidante della navicella. La valvola, che aveva funzionato normalmente durante i test pre-lancio, sembra essersi guastata dopo il liftoff, e in particolare dopo la manovra di separazione della sonda dal razzo.

Ma andiamo con ordine. Peregrine decolla l’8 gennaio 2024 dalla Cape Canaveral Space Force Station a bordo del razzo Vulcan Centaur della United Alliance. All’inizio tutto sembra andare come previsto: i motori del primo stadio del lanciatore si spengono circa cinque minuti dopo il lancio, e 50 minuti dopo avviene la separazione e la sonda viene rilasciata correttamente su una traiettoria che interseca l’orbita della Luna, manovra chiamata di iniezione lunare.

Secondo quanto si legge nel report, a circa 7 minuti dalla separazione il team di Astrobotic riceve correttamente i primi dati di telemetria: Peregrine riesce a stabilire con successo una connessione ed è in fase nominale.

I problemi iniziano durante la successiva sequenza di avvio della propulsione. Le due valvole Pcv1 e Pcv2 vengono azionate autonomamente: la prima funziona in modo corretto, mentre la seconda non riesce a chiudersi come previsto, causando quindi un aumento continuo e incontrollato della pressione nei serbatoi dell’ossidante e una diminuzione della pressione nel serbatoio dell’elio.

92 minuti dopo la separazione da Vulcan il team di missione registra un rapido cambiamento nell’assetto della navicella: dall’analisi dei dati di telemetria risulta che la sovrapressurizzazione ha causato la rottura di uno dei serbatori dell’ossidante, provocando così una perdita esterna di carburante. Dopo tre diversi tentativi per riportare la sonda in una posizione di equilibrio, Astrobotic dichiara che Peregrine non riuscirà a raggiungere la Luna – traguardo inizialmente previsto per il 23 febbraio. Il team riesce comunque a rendere operativi 9 dei 20 esperimenti scientifici che trasportava Peregrine, tra cui anche 4 esperimenti del programma Commercial Lunar Payload Services della Nasa – che ne avrebbe successivamente confermato la riuscita.

Ma alla sonda non rimane molto tempo: dopo aver raccolto tutti i dati possibili, Peregrine rientra in sicurezza il 18 gennaio al largo del Pacifico meridionale, bruciando in atmosfera. Per consentire questa manovra i tecnici di Astrobotic impiegano il propellente rimasto per effettuare 23 piccole accensioni del motore, in modo da spingere la navicella verso la zona di rientro desiderata ed evitare rischi legati a eventuali detriti spaziali.

I risultati dell’indagine, si legge nel report, sono serviti ad Astrobotic per riprogettare la valvola e l’intero sistema di propulsione del lander Griffin, che dovrebbe essere il successore (più grande) di Peregrine. Anche questo veicolo in realtà ha già una storia travagliata ancor prima di partire: inizialmente era infatti stato progettato per trasportare la missione lunare della Nasa Viper, che però è stata annullata lo scorso luglio per problemi di tempi e budget.

L’azienda sta comunque continuando lo sviluppo di Griffin nell’ambito del suo contratto con la Nasa, lavorando per un lancio previsto non prima dell’autunno 2025. Una missione senz’altro ridimensionata rispetto ai piani iniziali, ma che sarà comunque l’occasione per Astrobotic di prendersi la sua rivincita lunare.