👉 Seguici anche sul nostro canale WhatsApp! 🚀

 

Ha una forma pressoché sferica e con il suo diametro di quasi mille chilometri è il ‘peso massimo’ nella Fascia degli Asteroidi, di cui costituisce un terzo della massa totale: stiamo parlando di Cerere, il pianeta nano scoperto nel 1801 da Giuseppe Piazzi, che è al centro di un recente studio di The Planetary Science Journal. L’indagine, condotta da un team del Planetary Science Institute e del Centro Goddard della Nasa, è stata mirata al censimento delle cosiddette ‘trappole fredde’ di Cerere, ovvero i depositi di ghiaccio presenti nelle zone perennemente in ombra dei poli del pianeta, per approfondirne le caratteristiche.

Lo studio si è basato dati della missione Dawn della Nasa, lanciata il 27 settembre 2007 e terminata il 1° novembre 2018. Dawn, cui l’Italia ha fornito un importante contributo grazie all’Agenzia Spaziale Italiana e all’Istituto Nazionale di Astrofisica, ha avuto il compito di studiare l’infanzia del Sistema Solare, orbitando intorno a ben due corpi celesti: Cerere, appunto, e l’asteroide Vesta.

I depositi di ghiaccio furono individuati da Dawn nel 2016, quando la sonda ispezionò una serie di crateri che si trovavano immersi in un’oscurità perenne; tuttavia, il ghiaccio non era presente in tutte le cavità, una condizione che, secondo gli studiosi, doveva essere collegata alle oscillazioni dell’asse di rotazione di Cerere. Questi movimenti, avanti e indietro, si verificano ogni 24mila anni a causa della forza gravitazionale esercitata da Giove e dal Sole sull’asse; in determinate circostanze, quindi, solo pochi crateri rimangono in ombra e conservano il ghiaccio. Le cavità sono state studiate tramite modelli di elevazioni digitale, anche se la realizzazione di una mappa relativa a zone ombreggiate presenta delle difficoltà. Per creare un quadro esaustivo della situazione, il gruppo di lavoro ha sviluppato una tecnica innovativa per riuscire a determinare l’andamento del terreno nelle aree sempre in ombra e quindi a monitorare l’estensione dei depositi di ghiaccio.

Dalla nuova mappatura è emerso un dato interessante: quando l’asse di Cerere raggiunge la sua massima inclinazione, nessuno dei suoi crateri rimane nell’oscurità e quindi l’eventuale ghiaccio dev’essersi disperso rapidamente nello spazio. L’ultima volta in cui si è verificato questo fenomeno è avvenuta circa 14mila anni fa; di conseguenza – spiegano gli studiosi – le attuali formazioni di ghiaccio devono essere piuttosto recenti e si sarebbero accumulate entro gli ultimi 6mila anni. All’origine di questi depositi potrebbe esserci stato un impatto con un frammento di asteroide che ha creato temporaneamente un’atmosfera acquosa: il ghiaccio si sarebbe condensato nei crateri dando luogo alle riserve esistenti tuttora. Oppure i depositi si potrebbero essere formati in seguito a valanghe di materiali ricci di ghiaccio, sopravvissuti solo nell’ombra dei crateri.

Le regioni di Cerere analizzate nella ricerca – concludono gli studiosi – rivestono particolare interesse anche perché costituiscono un interessante analogo di zone presenti su Mercurio e soprattutto sulla Luna.

In alto: elaborazione artistica del pianeta Cerere (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech) 

In basso: la mappatura del polo nord di Cerere effettuata per lo studio (Crediti: Schorghofer et al.)

Mappa del polo nord di Cerere