Gli ingredienti fondamentali per la vita su Titano sono presenti ma a compartimenti stagni, ossia non riescono a mischiarsi in quantità sufficienti per poterla generare.
Si può riassumere così il risultato di una nuova ricerca che ha calcolato la quantità di carbonio che dalla superficie di Titano, ricca di sostanze organiche, riesce a raggiungere l’acqua liquida presente nel suo oceano sotterraneo.

Secondo quanto emerge dallo studio, su Titano, la luna più grande di Saturno, questo trasferimento, che avviene essenzialmente attraverso i crateri da impatto, è molto lento, rendendo così difficile trovare nello stesso posto sia l’acqua che il carbonio necessari per la vita. Il mondo oceanico più ricco di sostanze organiche del Sistema Solare potrebbe dunque rivelarsi non abitabile.
La scoperta, pubblicata su Astrobiology, rappresenta una brusca frenata alla ricerca della vita nei mondi ghiacciati del Sistema Solare esterno.

Le lune ghiacciate dei pianeti più esterni del nostro Sistema Solare, (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) sono ritenute i migliori candidati a ospitare la Vita. Questo perché si ritiene che sotto le loro superfici ghiacciate siano ospitati grandi oceani di acqua liquida, uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo della Vita. L’altro fattore imprescindibile è la presenza di materia organica.
In questo senso, Titano rappresenta sulla carta un mondo potenzialmente perfetto per essere abitale: esso, infatti, ospita un oceano sotterraneo che è 12 volte superiore a quello della Terra e inoltre rappresenta il mondo oceanico più ricco di sostanze organiche del Sistema Solare.

Tuttavia, la nuova ricerca suggerisce che tutto ciò non è comunque sufficiente. Affinché nasca la Vita su un mondo ghiacciato è, infatti, necessario che il materiale organico presente in superficie raggiunga in quantità sufficiente l’acqua liquida sotterranea. Una delle ‘porte di accesso’ attraverso cui i mattoni organici possono raggiungere il sottosuolo sono i crateri da impatto: la fusione generata dalle collisioni delle comete permette, infatti, che il materiale fuso ricco di organici riesca a permeare la crosta di ghiaccio a bassa densità.

Determinando il numero annuo di comete che avrebbero colpito Titano nel corso della sua storia, il nuovo studio ha stimato la velocità con la quale il flusso di materiale fuso ha trasportato gli elementi organici nel sottosuolo. Secondo i ricercatori, il peso di glicina, ossia l’amminoacido più semplice che costituisce le proteine nella vita, trasferita è di circa 7,500 kg all’anno, l’equivalente della massa di un elefante africano. Una quantità insufficiente, secondo gli autori, per innescare il processo di genesi della vita.

«Un elefante all’anno di glicina in un oceano di volume 12 volte superiore a quello della Terra non è sufficiente a sostenere la vita – afferma Catherine Neish, prima firma dell’articolo – In passato si è spesso pensato che l’acqua equivalesse alla vita, ma si è trascurato il fatto che la vita ha bisogno di altri elementi, in particolare del carbonio».

La chimica prebiotica, ovvero come i composti organici si formano e organizzano prima di generare la vita, verrà studiata su Titano grazie alla missione robotica Dragonfly di Nasa, prevista nel 2028. Fino a oggi l’unico veicolo atterrato su questo lontano mondo ghiacciato è la sonda Huygens, paracadutata nel gennaio 2005 dalla missione Cassini, frutto della collaborazione tra Nasa, Esa e Asi con il forte contributo italiano. Il touchdown di Huygens è ancora oggi l’atterraggio più lontano dalla Terra mai effettuato da un veicolo spaziale.

 

Immagine in evidenza: vista della sonda Huygens di Titano da 10 chilometri di altitudine. L’immagine è stata scattata durante la discesa verso la luna di Saturno nel 2005. Crediti: Esa/Nasa/Jpl/University of Arizona