Sono passati 20 anni dallo storico atterraggio di Spirit e Opportunity su Marte, il primo passo di una nuova era di esplorazione robotica interplanetaria.
Nel gennaio del 2004, a tre settimane di distanza l’uno dall’altro, i due rover gemelli della Nasa hanno toccato i lati opposti del Pianeta Rosso, entrambi alla ricerca delle tracce lasciate dall’acqua che qui scorreva in passato. Le prime furono scovate da Opportunity con le rocce ‘mirtillo’, ciottoli sferici del minerale ematite formatisi nell’acqua acida. Spirit scoprì invece segni di antiche sorgenti calde che avrebbero potuto essere l’habitat ideale per un’ipotetica vita microbica di miliardi di anni fa. Queste scoperte furono le prime prove di un antico Marte umido piuttosto che desertico come lo conosciamo oggi.
Da qui lo sviluppo a cascata dei robot successivi. Per primo il rover Curiosity, destinato a indagare se nel Marte umido di miliardi di anni fa vi fossero gli ingredienti chimici fondamentali per la vita. Elementi rilevati subito dopo il suo atterraggio nel 2012. Un successo che ha aperto la strada al rover Perseverance, atterrato nel 2021, e alla campagna Mars Sample Return di Nasa ed Esa, serie di missioni per riportare a Terra campioni rocciosi di Marte in cui cercare i segni di una antica vita microbica.
Progettati per durare pochi mesi ed esplorare regioni limitate di Marte, Spirit e Opportunity andarono ben oltre le caute aspettative. Specialmente Opportunity durato fino a quasi 15 anni prima di soccombere nel 2018 per una imponente tempesta di polvere. Con i suoi 45 chilometri totali, il rover detiene tuttora il record della distanza più lunga percorsa su un altro pianeta.