Il Sistema Solare non sarebbe un’anomalia cosmica, ovvero la sua architettura non è da ritenersi nello spazio interplanetario vicino a noi una peculiarità fuori dal comune.
Lo suggerisce un nuovo studio, pubblicato su Nature Communications, secondo cui la distribuzione planetaria caratterizzata dalla presenza di pianeti giganti nelle orbite più esterne non sarebbe così rara, come al contrario convenzionalmente ritenuto fino a oggi.

Un team di ricercatori, prevalentemente italiani e dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Padova, ha scoperto, infatti, che i giganti gassosi analoghi a Giove sono molto comuni in altri sistemi stellari situati nel cosmo vicino e simili a quello solare.

Questo riscontro è stato ottenuto analizzando i dati di un gruppo di stelle in movimento distante 130 anni luce dalla Terra, noto come Beta Pictoris moving group (Bpmg). Delle 146 stelle che lo compongono, il team ne ha studiate 30, ovvero selezionando le stelle con una massa pari ad almeno l’80 per cento di quella del Sole. Secondo il nuovo studio, 20 di queste potrebbero ospitare pianeti simili a Giove in orbite stabili.

Un evento che risulterebbe alquanto sorprendente dato che tutte e 30 le stelle protagoniste della nuova ricerca hanno appena 20 milioni di anni, ossia sono molto più giovani rispetto a quanto lo era il Sole quando, all’età di 100 milioni di anni, ha visto formarsi Giove. 

«Sebbene il gruppo di stelle Bpmg sia l’ammasso più vicino alla Terra e i modelli suggeriscano che pianeti simili a Giove possano formarsi facilmente intorno alle stelle di questa categoria, studiarli è difficile – afferma Raffaele Gratton, ricercatore dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Padova e autore principale del nuovo studio – Come i giganti gassosi orbitano lontano dal nostro Sole, anche i pianeti simili a Giove in altri sistemi solari probabilmente girano intorno alle loro stelle a distanze piuttosto grandi, tanto che possono impiegare decine di anni per completare una sola orbita»

Periodi orbitali così lunghi rendono, infatti, impossibile individuare pianeti giganti esterni tramite la tecnica del transito, ovvero quello che è attualmente il modo più convenzionale per individuare gli esopianeti.

«Le orbite decennali dei pianeti simili a Giove fanno sì che i dati esistenti sui transiti siano inadeguati, in quanto abbiamo bisogno di almeno tre transiti per individuare un pianeta», conclude Gratton.

Il team ritiene, infine, che il prossimo rilascio di dati da parte della missione Gaia di Esa, che vede l’importante contributo italiano, con molta probabilità confermerà i riscontri ottenuti dalla loro ricerca.

 

Immagine in evidenza: illustrazione di un grande pianeta gigante gassoso in orbita attorno a una stella simile al Sole Crediti: Robert Lea