Osservate con una risoluzione spaziale mai raggiunta prima le ‘stelle cadenti’ all’interno della corona solare. Un fenomeno dovuto alla caduta e all’impatto sulla superficie del Sole dei supergrumi di plasma che si creano con la ‘pioggia coronale’: questa consiste nell’evento di raffreddamento e condensazione più drammatico che si può manifestare nella parte più esterna dell’atmosfera solare.
Le tracce di queste palle di fuoco, simili a meteore, che precipitano verso il Sole sono protagoniste nelle immagini di Solar Orbiter, missione Esa che vede il fondamentale contributo italiano: il coronografo Metis a bordo della sonda è realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con Inaf, le Università di Firenze e di Padova e del Cnr-Ifn.

Le osservazioni sono state effettuate in occasione di uno degli avvicinamenti di Solar Orbiter al Sole, avvenuto durante la primavera 2022, in cui la sonda Esa si è spinta fino a una distanza di soli 49 milioni di chilometri dalla superficie solare. Da qui, Solar Orbiter ha fornito le immagini della corona solare con la migliore risoluzione spaziale mai ottenuta finora.

La ‘pioggia coronale’ non ha nulla a che vedere con la pioggia terrestre; essa, al posto dell’acqua, vede come protagonista il plasma solare incandescente che si condensa in palle molto dense a causa di improvvisi e localizzati cali di temperatura nella corona solare.
Questi grumi superdensi di plasma, che raggiungono anche i 250 chilometri di larghezza, vengono così attirati dalla gravità solare, schizzando verso il basso a 100 chilometri al secondo.

Se l’alta e densa atmosfera terrestre è in grado di bruciare completamente le meteore in caduta, al contrario, la sottile e poco densa atmosfera solare permette alla maggior parte dei grumi di plasma di raggiungere gli strati più bassi dell’atmosfera del Sole.
Solar Orbiter, grazie all’alta risoluzione delle immagini raccolte, ha permesso di investigare questo processo con un dettaglio mai raggiunto prima, rivelando come esso possa produrre una breve e forte luminosità, generando un’ondata di materiale verso l’alto e onde d’urto che riscaldano il gas sovrastante.

A differenza delle meteore terrestri, inoltre, i grumi di plasma non generano alcuna coda visibile, durante la loro caduta, questo a causa del campo magnetico solare: il plasma nella caduta verso gli strati più bassi dell’atmosfera viene imbrigliato dalle linee del campo magnetico, che agiscono come tubi giganti in cui il gas è risucchiato e incanalato. 

In fase di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics, lo studio guidato dalla Northumbria University di Newcastle rivela, per la prima volta, la risposta atmosferica all’impatto della pioggia sulla cromosfera, lo strato atmosferico sottostante alla corona solare. Questa risposta consiste in un picco di luminosità e flussi che si propagano verso l’alto e che riscaldano parzialmente il gas sovrastante, portandolo fino a un milione di gradi. Lo shock di risposta può durare anche per alcuni minuti durante la caduta.

Questa importante scoperta potrebbe potenzialmente fornire rilevanti indizi per risolvere i misteri del Sole, primo fra tutti il paradosso della corona solare: questo vede la parte più esterna dell’atmosfera solare raggiungere temperature fino a circa 2 milioni di °C, molto più elevate rispetto ai 5.700 °C che caratterizzano la sua superficie.

 

Immagine in evidenza: fotografia scattata il 30 marzo 2022 da Solar Orbiter che mostra una sezione parziale del Sole con gas a 1 milione di gradi. I percorsi rossi corrispondono ad alcune delle tracce di pioggia analizzate in questo lavoro. Crediti: Patrick Antolin