Siamo riusciti a osservare, per la prima volta, una stella morente mentre divora un pianeta. Uno degli eventi più affascinati ma elusivi dell’universo, catturato ora dal telescopio Gemini South.
Quando giungono a fine vita, le stelle simili al Sole si espandono superando da 100 a 1000 volte le loro dimensioni originali, finendo così per inghiottire i pianeti più interni del loro sistema. Questo destino toccherà anche alla Terra, a Venere e Mercurio per mano del Sole tra circa cinque miliardi di anni.
Seppur i fagocitamenti planetari siano eventi assai esplosivi, essi si verificano solo poche volte all’anno nell’intera Via Lattea. Di questi fenomeni gli astronomi hanno osservato fino a oggi solo le loro conseguenze, senza mai esser riusciti a coglierne uno in flagrante. Il telescopio Gemini South, gestito dal NoirLab della Nsf, ha fornito ora la prima prova diretta di una stella morente che si espande per inghiottire uno dei suoi pianeti.
La firma osservata, ‘pistola fumante’ che prova il processo di inghiottimento planetario, consiste in un’esplosione a bassa energia durata circa 100 giorni che ha interessato una stella della Via Lattea a circa 13.000 anni luce dalla Terra. Lo studio è stato pubblicato su Nature.
Durante il loro ciclo principale, le stelle fondono l’idrogeno in elio all’interno del loro nucleo caldo e denso, riuscendo così a contrastare il peso schiacciante degli strati più esterni. Quando nel nucleo si esaurisce l’idrogeno, la sua fusione si trasferisce negli strati esterni della stella dove l’elemento è ancora abbondante. La superficie stellare inizia così a espandersi, trasformando stelle simili al Sole in giganti rosse. L’espansione porta la stella morente a inglobare i pianeti più interni del suo sistema, scatenando una spettacolare esplosione di energia e materiale durante ciascun inghiottimento.
Queste esplosioni sono, tuttavia, assai difficili da distinguere rispetto da altri eventi esplosivi stellari quali brillamenti o espulsioni di massa coronale. Sono necessarie, infatti, osservazioni ad alta risoluzione per determinare con precisione la posizione e la luminosità nel lungo termine delle esplosioni senza che l’indagine venga influenzata dalla luce delle stelle vicine. Il telescopio Gemini South ha fornito agli astronomi la capacità ottica adattiva ideale per poterlo fare.
L’esplosione al centro della nuova ricerca è stata prima individuata dalle immagini ottiche della Zwicky Transient Facility, mentre lo sguardo a infrarosso del telescopio Neowise di Nasa ha poi confermato l’evento di inghiottimento, denominato ZTF SLRN-2020.
Le indagini combinate tra osservazioni ottiche e all’infrarosso hanno permesso quindi di determinare come era composto il materiale espulso durante l’esplosione: questo consisteva in circa 33 masse terrestri di idrogeno e circa 0,33 masse terrestri di polvere. Da questo dato gli astronomi hanno potuto calcolare le masse della stella e del pianeta protagonisti della collisione. Il team ha stimato che la stella divoratrice avesse, prima dell’espansione, una massa pari a circa 0,8-1,5 volte quella del nostro Sole, mentre il pianeta inghiottito è risultato di una massa pari a 1-10 volte quella di Giove.
Questa prima storica osservazione di un processo di inglobamento planetario da parte di una stella potrebbe preannunciare il destino finale del pianeta Terra.
Immagine in evidenza: illustrazione dell’inghiottimento planetario per mano di una stella morente in espansione. Crediti: International Gemini Observatory/NoirLab/Nsf/Aura/M. Garlick/M. Zamani