Dopo la recente scoperta di atomi di ossigeno rilevati sui campioni di Ryugu, gli scienziati hanno trovato anche tracce di uracile e vitamina B3, elementi base per l’esistenza della vita.

L’ultimo studio sui campioni dell’asteroide, arrivati sulla Terra alla fine del 2020, è stato eseguito da un team internazionale guidato da Yasuhiro Oba dell’Università di Hokkaido. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Classificato tra i corpi vicini alla Terra (Neo), Ryugu è stato scoperto nel 1999 ed è oggetto di studio della missione Hayabusa2 dell’Agenzia Spaziale Giapponese (Jaxa), partita nel 2014 e arrivata a destinazione cinque anni dopo. Appartiene alla categoria degli asteroidi carboniosi; lo studio di questi oggetti, per la loro composizione ed età, potrebbe confermare la teoria che un loro impatto abbia dato origine alla vita sulla Terra.

«Gli scienziati in precedenza hanno trovato basi azotate e vitamine in alcuni meteoriti ricchi di carbonio, ma c’era sempre la questione della contaminazione dovuta all’esposizione all’ambiente terrestre – ha spiegato Oba – Poiché la sonda Hayabusa2 ha raccolto due campioni direttamente dall’asteroide Ryugu, arrivati sulla Terra in capsule sigillate, la contaminazione può essere esclusa».

L’uracile è una delle basi azotate che compone la molecola dell’Rna, implicata nella genetica di organismi viventi, mentre la vitamina B3 o niacina, è uno dei fattori coinvolti nel metabolismo. Gli studiosi hanno inoltre rilevato altri composti organici contenenti azoto.

«La scoperta dell’uracile nei campioni di Ryugu dà forza alle attuali teorie sulla fonte delle basi azotate nella Terra primordiale – ha concluso Oba – La missione Osiris-Rex della Nasa quest’anno riporterà campioni dall’asteroide Bennu: uno studio comparativo della composizione di questi asteroidi fornirà ulteriori dati per ampliare queste teorie».

Prosegue intanto lo studio dei campioni di Ryugu anche da parte di un team italiano con i ricercatori dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Inaf e dell’Università di Pisa.

 

Crediti immagine in apertura: Nasa Goddard/Jaxa/Dan Gallagher