Un colpo di fortuna conferma le nostre ipotesi sull’evoluzione delle supernove, le protagoniste della chimica dell’Universo.
Analizzando i dati del primo anno di osservazione del telescopio James Webb, un team di ricercatori ha, infatti, osservato per puro caso la supernova esplosiva SN 2021aefx nella galassia a spirale NGC 1566, distante circa 40 milioni di anni luce dalla Terra. L’osservazione ha permesso ai ricercatori di comprendere fortuitamente come alcuni elementi chimici prodotti durante l’esplosione vengano emessi nello spazio circostante dopo il grande boato stellare. Le supernove sono, infatti, le esplosioni con cui muoiono alcune stelle.
La ricerca guidata dalla Università dell’Ohio è stata pubblicata su The Astrophysical Journal Letters.
I modelli sull’evoluzione chimica dell’Universo prevedono che durante il Big Bang, l’esplosione da cui il cosmo ha avuto origine circa 13,8 miliardi di anni fa, si siano formati gli elementi più leggeri come l’idrogeno e l’elio. Gli elementi più pesanti sarebbero stati creati, invece, dalle successive attività stellari, quali le reazioni termonucleari che avvengono all’interno delle supernove.
L’osservazione della supernova SN 2021aefx da parte del James Webb, avvenuta 255 giorni dopo il suo massimo splendore, ha permesso ai ricercatori di monitorare il rilascio nello spazio di questi elementi pesanti. Categorizzata come supernova di tipo 1a, ossia originata dalla morte di una stella nana bianca di ossigeno e carbonio, questa particolare esplosione stellare produce e rilascia un’enorme quantità di elementi del gruppo del ferro nell’universo.
Gli strumenti NirCam e Miri del Webb hanno studiato l’evoluzione di queste emissioni nel vicino infrarosso e nel medio infrarosso, tracciando le particelle prodotte dalla detonazione stellare: da tempo non è chiaro se queste riescano a infiltrarsi nell’ambiente circostante o se, al contrario, vengano trattenute dai campi magnetici creati dalle supernove.
Ora, questo studio ha rivelato che più di 200 giorni dopo l’evento iniziale, il momento di massima luminosità, il materiale espulso dalla supernova era ancora visibile, dunque carico energeticamente.
«Da sempre abbiamo ipotizzato che l’energia non sfugge al materiale espulso, ma fino al James Webb era solo una teoria – afferma Michael Tucker, tra i coautori dell’articolo– Questo studio convalida quasi 20 anni di scienza».
La ricerca è stata resa possibile grazie alla Phangs-Jwst Survey, vasto inventario con misurazioni di numerosi ammassi stellari realizzato dal James Webb, osservatorio spaziale di Nasa, Esa e Csa.
Immagine in evidenza: le immagini Miri (grande a sinistra e i 4 pannelli inferiori a destra) e NirCam (4 pannelli superiori a destra) della supernova SN 2021aefx nella galassia a spirale NGC 1566