Del viaggio di andata e ritorno della sonda Hayabusa 2 dell’Agenzia spaziale giapponese -JAXA-, che ha eseguito osservazioni ravvicinate dell’asteroide per 18 mesi, restano i 5,424 g di campioni che sembrano confermarsi come essenziali per avviare le condizioni di vita sulla Terra.

Lo studio dei ricercatori dell’università di Tohoku è stato pubblicato su Nature Communications  il 16 febbraio 2023 e l’analisi dei materiali in laboratorio conferma che potrebbe trattarsi di materiali tra i più antichi del Sistema Solare.

I ricercatori giapponesi si sono concentrati sui grani minerali sferici, oggetti simili a condrule e inclusioni ricche di calcio-alluminio (CAI). Questi grani sono componenti chiave dei meteoriti condritici, che vengono consegnati alla Terra dalla fascia degli asteroidi. I campioni di Ryugu che al momento del campionamento si trovava a circa 15.000.000 di chilometri dalla Terra, sembrerebbero dimostrare che l’asteroide, catalogato come oggetto vicino alla Terra, si sia formato molto più lontano dalla Terra, nelle zone più esterne del sistema solare.

L’analisi di laboratorio dei diversi isotopi rivela presenza di ossigeno nei campioni. Atomi di ossigeno con masse variabili a causa del diverso numero di neutroni nei loro nuclei. L’isotopo dell’ossigeno-16 di massa inferiore ha un neutrone in meno dell’ossigeno-17 e due in meno dell’ossigeno-18 e molti dei frammenti di Ryugu sono arricchiti di ossigeno-16.

 Un’origine più antica dovuta al probabile trasporto da regioni lontane del sistema solare, dove sono diventati parte di un corpo che poi si è frammentato per formare un asteroide Ryugu.

 Un’ipotesi che sembra confermata anche per altri piccoli corpi che provengono dal sistema solare esterno.

«Ora vogliamo proseguire con l’analisi per cercare di comprendere i meccanismi alla base del trasporto radiale verso l’esterno nella prima nebulosa solare, afferma il geochimico Daisuke Nakashima del primo Solar System Research Group presso l’Università di Tohoku. Nakashima e colleghi hanno collaborato all’indagine con altri gruppi di ricercatori nipponici e degli Stati Uniti.

In apertura: immagine di Ryugu. Crediti: Università di Tohoku