Ha puntato verso l’equatore di Nettuno e poi ha fatto stranamente dietrofront, lasciando increduli gli scienziati: protagonista di queste manovre – sull’ottavo pianeta del Sistema Solare – è una tempesta di colore scuro, scoperta da Hubble nel 2018 e successivamente tenuta sotto stretto controllo. La vagabonda, che si estende per oltre 7mila chilometri, ha anche una compagna, la cui presenza ha suscitato ulteriori interrogativi. I due vortici sono al centro di uno studio presentato ieri al convegno autunnale dell’American Geophysical Union, che si sta svolgendo in modalità virtuale. La tempesta errante (la quarta vista da Hubble a partire dal 1993) si è formata nell’emisfero settentrionale di Nettuno e nel 2019 ha iniziato a dirigersi a sud, verso l’equatore, zona in cui tali fenomeni dovrebbero sparire.
Nuove osservazioni, condotte dallo storico telescopio Esa-Nasa ad agosto 2020, hanno evidenziato una situazione del tutto inaspettata: il turbine è tornato sui suoi passi ed ha puntato di nuovo verso nord. Il quadro, successivamente, è stato complicato da un altro elemento: al primo vortice se ne è affiancato un altro più piccolo (‘solo’ 6276 chilometri di estensione) e anch’esso di colore scuro. Il misterioso compagno, soprannominato scherzosamente ‘Dark Spot Junior’, è entrato in scena a gennaio 2020. Gli studiosi hanno pensato che il turbine mignon possa essere una porzione staccatasi da quello più grande, forse a causa di un qualche processo distruttivo: si tratta di uno scenario mai osservato prima, anche se ipotizzato tramite i modelli informatici.
I vortici ‘dark’ di Nettuno sono sistemi di alta pressione, che nascono a latitudini intermedie e possono poi spostarsi verso l’equatore. In un primo momento, sono entità stabili grazie alla forza di Coriolis, che, a causa della rotazione del pianeta, le fa ‘volteggiare’ in senso orario. La situazione cambia quando i turbini si avvicinano all’equatore, dove finiscono per essere disintegrati, dato che la forza sopra menzionata si affievolisce; questa prospettiva, però, non si è verificata per la tempesta vagabonda, che ha introdotto quindi una variabile negli scenari tracciati con i modelli informatici.
I dati di Hubble mostrano un altro particolare interessante: la ‘marcia indietro’ di questo vortice si è verificata nello stesso momento in cui è apparso il suo compagno più piccolo: ecco perché gli studiosi hanno ipotizzato l’entrata in gioco di un fenomeno di disgregazione ancora ignoto che, in un’area instabile di Nettuno, avrebbe prodotto questa seconda entità. Tale prospettiva, benché contemplata in alcune simulazioni, necessita di ulteriori verifiche, tanto che gli studiosi stanno analizzando a fondo i dati di Hubble per capire come Dark Spot Junior si sia evoluta da gennaio 2020 ad oggi.
La tempesta vagabonda, tra quelle avvistate su Nettuno, è al momento quella studiata maggiormente in dettaglio. Ad esempio, il colore scuro, secondo gli scienziati, potrebbe essere dovuto ad un particolare strato di nubi, ritenuto utile per studiare la struttura verticale di questi turbini. Le prime osservazioni di tali fenomeni risalgono al sorvolo di Nettuno effettuato dalla sonda Voyager 2 nel 1989; da allora, solo Hubble, con la sua sensibilità nel visibile, è stato in grado di tenere d’occhio questi vortici, che hanno una durata di circa 2 anni. I loro ‘ritratti’ sono stati realizzati dal telescopio nell’ambito di Opal (Outer Planet Atmospheres Legacy), un programma dedicato allo studio dei pianeti del Sistema Solare esterno con particolare riferimento ai cambiamenti stagionali e agli eventi transitori.