Grazie ai dati raccolti ormai trent’anni fa dalla sonda Magellano, i ricercatori del Jet Propulsion Laboratory della Nasa potrebbero aver finalmente compreso in che modo Venere rilascia il proprio calore interno nello spazio. A svelare il mistero sarebbero delle regioni presenti nello strato più superficiale del pianeta, dette corone, che sembrano anche essere i segni dell’attività geologica attualmente in corso. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Geoscience.

Venere e la Terra sono pianeti rocciosi molto simili sotto diversi aspetti, il che fa pensare che la velocità con cui i due pianeti disperdono calore nello spazio debba essere all’incirca uguale. Nel caso della Terra, il meccanismo attraverso cui questo avviene è ben noto: il nucleo bollente al centro del nostro pianeta riscalda lo strato circostante, il mantello, che a sua volta trasporta il calore verso la litosfera, lo strato roccioso più esterno. Quando il calore viene ceduto allo spazio, la parte superiore del mantello si raffredda. Il trasporto di calore nel mantello è responsabile del movimento delle placche tettoniche, che plasma la superficie del nostro pianeta.

A differenza della Terra, però, Venere non possiede placche tettoniche: è questo che ha alimentato il mistero per lungo tempo. Ma grazie a nuove misurazioni delle corone, i ricercatori hanno concluso che proprio in loro corrispondenza la litosfera di Venere è più sottile e attiva. Come afferma Suzanne Smrekar, a capo della ricerca, queste regioni della litosfera “sembrano permettere la dispersione di significative quantità di calore”: nulla di diverso da un lenzuolo che ci permette di rimanere più al fresco di uno spesso strato di coperte.

Tipicamente, laddove si registra un flusso di calore più intenso si trovano regioni di maggiore attività vulcanica sotto la superficie di un pianeta. Questo significa che le corone corrispondono probabilmente alle zone in cui sono in corso i processi geologici di Venere, che modificano nel corso del tempo la sua superficie. È possibile che anche la litosfera terrestre, in passato, si trovasse in uno stato simile, prima che avvenisse la formazione delle placche tettoniche. “Venere ci fornisce una finestra sul passato, per aiutarci a capire meglio come poteva sembrare la Terra più di due miliardi e mezzo di anni fa”, ha sottolineato Smrekar: un ulteriore punto in comune tra i due pianeti che, forse, verrà confermato dalle future missioni spaziali.

Immagine in evidenza: il picco vulcanico Idunn Mons sulla superficie di Venere. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Esa