Oltre 10.000 km, più della distanza tra Roma e Los Angeles: tanto lunga risulta la scia di polvere espulsa dall’asteroide Dimorphos, il bersaglio della storica collisione della sonda Dart, nella fotografia del telescopio Soar scattata due giorni dopo l’impatto cosmico.
Il materiale staccatosi dalla superficie dell’asteroide a seguito della collisione è stato spinto via dalla pressione delle radiazioni del Sole, lasciando nello spazio una traccia non difforme dalla coda di una cometa.
Gestito dal NoirLab, il telescopio Soar dal diametro di 4,1 metri fornisce così uno nuovo sguardo, da Terra e postumo, sul pennacchio di detriti generati da Dart, dopo le spettacolari immagini scattate dalla missione LiciaCube di Asi, che vede il coordinamento scientifico di Inaf: il nanosatellite creato da Argotec ha testimoniato l’impresa di Dart in prossimità ed esattamente nei minuti in cui l’impatto è avvenuto.
Gli scatti di LiciaCube, giunte sulla Terra poche ore dopo la collisione, e la fotografia del telescopio Soar aiuteranno gli astronomi nella comprensione della natura fisica e della struttura di Dimorphos attraverso lo studio del materiale espulso. Nella polvere, apparsa prima come dei flash nelle foto di LiciaCube e ora come una lunga striscia nello scatto di Soar, si nascondono, infatti, informazioni fondamentali: studiarla rivelerà quanti detriti sono stati generati dalla collisione e quale dimensione hanno, così come la velocità e la distribuzione spaziale con le quali le particelle si espandono.
Determinare le caratteristiche fisiche e strutturali di Dimorphos è un passaggio fondamentale per comprendere, in seguito, se la missione Dart abbia avuto o meno successo.
L’azione autodistruttiva della sonda Nasa è stata, infatti, finalizzata alla deviazione dell’orbita di Dimorphos intorno all’asteroide maggiore Didymos. Tuttavia, per conoscere se la traiettoria di questo piccolo asteroide sia effettivamente mutata sarà necessario prima definire la morfologia e la composizione di Dimorphos, il bersaglio del primo test di difesa planetaria.
Immagine in evidenza: la scia di detriti lunga più di 10.000 chilometri staccata dalla superficie di Dimorphos fotografata due giorni dopo l’impatto dal telescopio Soar Crediti: Ctio/NoirLab/Soar/Nsf/Aura/T. Kareta (Lowell Observatory), M. Knight (US Naval Academy)