Recuperare frammenti dell’asteroide 162173 Ryugu, appartenente al gruppo di asteroidi Apollo: questo l’obiettivo della sonda Hayabusa 2 della Jaxa, lanciata il 3 dicembre 2014.
Il motivo che ha spinto l’agenzia spaziale giapponese a recuperare i frammenti di Ryugu è semplice: asteroidi e comete sono ‘testimoni celesti’ che possono raccontarci cosa è accaduto durante la formazione del nostro Sistema Solare; inoltre, Ryugu è un asteroide di categoria C, vale a dire un asteroide che potenzialmente conserva materiale molto più antico, nonché materia organica e piccole quantità di acqua intrappolata nei suoi minerali in superfice.
Sei anni dopo il lancio dell’Hayabusa 2, il 6 dicembre 2020 sono giunti sulla Terra i campioni minerari estratti da Ryugu: le dimensioni dei singoli frammenti vanno da 1 mm a 8 mm, per un totale di circa 5,4 grammi.
Dalla loro analisi fisica e geochimica è emerso un quadro piuttosto articolato. La maggior parte dei loro minerali sono silicati idrati chiamati fillosilicati (formatisi attraverso reazioni chimiche che coinvolgono minerali silicati non idrati e acqua liquida) e sono stati individuati isotopi di cromo, calcio e ossigeno. In particolare, attraverso lo studio dei suoi minerali di magnetite e dolomite, si è potuto ipotizzare che Ryugu, prima che si raffreddasse del tutto, abbia ospitato acqua allo stato liquido a causa dell’influenza di elementi radioattivi; tali sostanze, una volta decadute, hanno permesso all’asteroide di raffreddarsi.
Quest’ultima rilevazione ha portato il team di ricercatori a ipotizzare che originariamente Ryugu doveva essere molto più grande di come appare oggi: infatti, è necessario che un corpo celeste abbia una dimensione di almeno 10 km perché possa formarsi acqua liquida dal riscaldamento di un oggetto roccioso-ghiacciato per decadimento radioattivo.
Dall’analisi geochimica di Ryugu si è potuto appurare anche la presenza di materiale organico che, a seguito del raffreddamento dell’asteroide, ha subìto delle importanti alterazioni strutturali a causa dell’erosione spaziale; infatti, una volta raffreddatasi, la superfice di Ryugu è stata “bombardata” da grandi quantità di particelle energetiche provenienti dal vento solare, nonché dai raggi cosmici del Sole e di altre stelle lontane.
Nonostante gli effetti degli agenti erosivi, i materiali organici primitivi sono stati rilevati anche dall’analisi geochimica completa dei campioni di Ryugu; in particolare, in una particella dell’asteroide i ricercatori hanno individuato amminoacidi molto simili a quelli che si trovano all’interno delle proteine di ogni organismo vivente sulla Terra.
La scoperta di amminoacidi che formano proteine dimostra che alcuni dei “mattoni della vita” sulla Terra potrebbero essersi formati in ambienti spaziali.
I risultati emersi finora forniscono preziose informazioni sui processi che hanno interessato l’asteroide e, di fatto, tali intuizioni hanno già iniziato a cambiare la nostra comprensione degli eventi avvenuti prima della formazione del Sistema Solare.
In alto: L’aspetto esterno di diverse particelle Ryugu
Crediti immagine: Nakamura, E. et al.