Con l’età si diventa meno polverosi. Si potrebbe sintetizzare così l’evoluzione dei dischi protoplanetari, ossia gli anelli di polvere che circondano le giovani stelle e da cui nascono i pianeti.
Questo è, infatti, il risultato suggerito da una recente ricerca, guidata dal Max Planck Institute for Astronomy e pubblicata su Astronomy & Astrophysics: l’aumentare dell’età di un disco risulta fortemente correlato al declino della sua massa pulviscolare, la materia prima per la formazione planetaria.

Questo risultato è emerso analizzando la distribuzione della massa di oltre 870 dischi planetari in Orione A, nebulosa che si trova a 1350 anni luce dalla Terra. Il team di astronomi ha potuto usufruire di questo enorme campione di dischi planetari, tutti attorno a giovani stelle, realizzato grazie a precedenti osservazioni del telescopio spaziale Herschel.
Che gli 870 dischi del campione appartengano tutti allo stesso sistema cosmico non è un fattore da poco: questo ha, infatti, permesso ai ricercatori di studiare l’evoluzione intrinseca dei dischi potendo annullare l’influenza di altri fattori esterni, quali per esempio l’irradiazione da stelle massicce. Herschel, inoltre, non ha solo individuato i numerosi dischi, ma, grazie alla combinazione di diverse lunghezze d’onda, ha fornito un criterio per stimare la loro età. Elemento fondamentale che, se associato alla massa di un disco, è in grado di fornire indizi importanti sul numero di pianeti presenti in un disco protoplanetario.

Se Herschel ha fatto da ‘anagrafe’, il sistema dell’Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array (Alma) ha permesso di determinare la massa di polvere dei dischi. Le osservazioni di Alma, un insieme di 66 antenne paraboliche situate nel deserto cileno di Atacama, sono sensibili solo ai grani di polvere di dimensioni millimetriche, escludendo così oggetti come rocce e pianeti. Questa capacità ha permesso al team di misurare effettivamente solo il materiale polveroso in grado di formare nuovi pianeti.
Gli 870 dischi individuati da Herschel sono quindi risultati molto simili tra loro: pochi, solo 20, sono tanto polverosi da formare potenzialmente 100 terre o più, mentre la maggioranza di essi contiene l’equivalente di meno di 2,2 masse terrestri.

Orione A osservata dallo strumento Spire a bordo del telescopio spaziale Herschel: il segno + indica le posizioni dei dischi protoplanetari osservati con Alma, mentre i punti blu sono i 20 dischi con masse di polvere superiori all’equivalente di 100 masse terrestri

Ma il dato più rilevante emerso è rappresentato dalle piccole variazioni nella distribuzioni di massa polverosa tra dischi relativamente vicini. Una leggera diversità entro una scala di decine di anni luce che, secondo gli esperti, è spiegabile dall’età: la massa della polvere presente nei dischi diminuirebbe con il passare del tempo.
Escludendo l’influenza di un’irradiazione esterna, secondo la ricerca i dischi si evolvono quindi in modo simile, perdendo tutti massa polverosa. I risultati mostrano che, dopo circa un milione di anni, la maggior parte di essi non ha abbastanza massa per produrre grandi pianeti come Giove.

«Finora non sapevamo con certezza quali proprietà dominano l’evoluzione dei dischi di formazione dei pianeti intorno alle giovani stelle — afferma Sierk van Terwisga, autore principale dell’articolo — I nostri nuovi risultati indicano ora che in ambienti senza alcuna influenza esterna rilevante, la massa del disco disponibile per formare nuovi pianeti dipende solo dall’età del sistema stella-disco».

Finora era chiaro che la riduzione di polvere disponibile in un disco fosse dovuta al processo di formazione planetaria. Eppure non era per nulla scontata la forte correlazione osservata tra l’invecchiamento del disco protoplanetario e il declino della sua massa polverosa. Un dato ora riscontrato in diversi sistemi planetari, che quindi potrebbero avere meccanismi di formazione simili.

«Complessivamente, pensiamo che il nostro studio dimostri che almeno nell’arco di 1000 anni luce, o giù di lì, tutte le popolazioni di dischi in formazione di pianeti mostrano la stessa distribuzione di massa a una data età. E sembrano evolvere più o meno nello stesso modo», conclude Sierk van Terwisga.

Immagine in evidenza: illustrazione artistica di un disco protoplanetario intorno a una giovane stella, Crediti: MPIA graphics department