La frontiera dello spazio extra-atmosferico, sin dai tempi della prima space race, è sempre stata prerogativa degli Stati anche per ragioni di natura geopolitica.
Tuttavia, considerate le opportunità di business che lo spazio offre, negli ultimi anni si è assistito all’ingresso di player privati (ad es. SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic); coinvolgimento non sgradito agli Stati, i quali hanno dato luogo a tali aperture a beneficio delle imprese che si sono rese promotrici di un inarrestabile progresso scientifico-tecnologico. Progresso che, di fatto, implica l’utilizzo dello spazio e delle sue risorse.
Non disdegnano partnership con privati anche quelle nazioni che dispongono di un accesso autonomo allo spazio, e che, in taluni casi, avevano attuato politiche economiche improntate sulla nazionalizzazione delle imprese.
È appunto il caso della Cina. Infatti, il 9 marzo scorso, Zhou Jianping, Chief Designer della Cmsa (China Manned Space Program), ha dichiarato su China Central Television: «Quando la stazione spaziale [Tiangong] sarà completata e funzionante, incoraggeremo attivamente il settore privato».
Dunque, la Cina apre alla “commercializzazione” la sua futura spaziale modulare. E non è tutto: in ragione del crescente interesse di numerosi team internazionali di ricercatori, scienziati e ingegneri, la Cmsa sta già lavorando con l’Unoosa (United Nations Office for Outer Space), l’ufficio delle Nazioni Unite che opera nel dare supporto a tutti i paesi – specie quelli in via di sviluppo – per consentire loro di accedere ai vantaggi offerti dal settore spaziale e favorire lo sviluppo sostenibile. Il contatto Cmsa – Unoosa è finalizzato a creare una joint cooperation, per avviare esperimenti internazionali a bordo della Tiangong (il cui completamento è previsto entro il 2022).
In alto: Illustrazione della stazione Tiangong
Crediti immagine: Cmsa