Vi è un difficile enigma che gli astrofisici non riescono a risolvere da tempo: come mai gli ammassi di galassie, le strutture più grandi dell’universo, appaiono nelle osservazioni molto più caldi di quanto previsto dai modelli. Non trovando una risposta al quesito nel scrutare il cielo, gli scienziati ora la cercano in laboratorio.
Per spiegare il funzionamento interno della conduzione del calore negli ammassi di galassie, una delle questioni più annose in astrofisica, un team internazionale di esperti provenienti da tre differenti università (Oxford, Rochester e Chicago) si è, infatti, affidato al National Ignition Facility (Nif), il sistema laser più grande ed energetico al mondo ospitato nel laboratorio statunitense Lawrence Livermore National Laboratory.
La ricerca è pubblicata su Science Advances.
La materia negli ammassi, formati da migliaia di galassie legate insieme dalla gravità, è costituita per lo più dal plasma, gas tenue ionizzato presente in uno stato turbolento e tenuto insieme da campi magnetici. Nelle parti centrali del plasma, i nuclei degli ammassi, le temperature rimangono alte in modo anomalo rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare.
Un fenomeno spiegabile solo in presenza di una forte soppressione della conduzione del calore rispetto alle teorie tradizionali, fatto che i modelli teorici spiegano solo con una certa approssimazione.
Grazie al sistema laser Nif è stato possibile ora ricreare in laboratorio il plasma presente negli ammassi di galassie, tutto ovviamente in miniatura. Negli esperimenti i raggi laser sono stati utilizzati per vaporizzare fogli di plastica e generare un plasma turbolento e magnetizzato riuscendo a osservare così come si comportano gli elettroni al suo interno.
«Si scontrano abbastanza raramente tra loro e finiscono per seguire le linee di campo magnetico aggrovigliate – ha detto Archie Bott, un ricercatore dell’Università di Princeton – Questo fenomeno, che è precisamente quello che crediamo si verifichi negli ammassi di galassie, dà luogo alla soppressione della conduzione del calore».
Le misurazioni mostrano sacche di plasma caldo che persistono nel tempo e il calore non può sfuggire. Il professore di fisica di Oxford Gianluca Gregori, il ricercatore principale per questi esperimenti, ha detto che il lavoro «è un importante passo avanti nella comprensione dei processi microscopici che si verificano nei plasmi che sono sia magnetizzati che turbolenti. I risultati sperimentali sono in qualche modo sorprendenti in quanto dimostrano che l’energia viene trasportata in modi che è molto diverso da quello che ci saremmo aspettati da teorie semplici».
Un risultato sorprendente che ha visto un ruolo fondamentale della scienza computazionale per la fase sperimentale, come spiega Petros Tzeferacos, direttore del Flash Center of Computational Science: «abbiamo fatto ricorso all’intera gamma di capacità fisiche di FLASH, il codice di simulazione multifisica che abbiamo sviluppato. Le simulazioni FLASH sono state fondamentali per districare la fisica in gioco nel plasma turbolento e magnetizzato, ma il livello di soppressione del trasporto termico è andato oltre le nostre aspettative».
Dalle simulazioni non si è però potuto determinare il meccanismo responsabile della soppressione osservata, dimostrando tuttavia come le esplorazioni dei sistemi cosmici replicati in miniatura all’interno di un laboratorio possano aiutare la comprensione del funzionamento dei grandi sistemi astrofisici.
Immagine: A sinistra: la Turbulent Dynamo all’interno del Nif A destra: Immagine a raggi X del plasma turbolento generato negli esperimenti Credito: Nif Operations Team.