C’è acqua sulla Luna. Forse diffusa su tutta la superficie. In dosi molto più abbondanti di quanto gli scienziati abbiano mai sognato. È la nuova, sensazionale scoperta pubblicata oggi 26 ottobre in un doppio studio su Nature Astronomy e annunciata dalla Nasa durante una conferenza stampa internazionale trasmessa in streaming alle 17 italiane.
«Per la prima volta è stata confermata la presenza d’acqua sul lato visibile della Luna» – commenta Paul Hertz, direttore della Divisione di Astrofisica al quartier generale della Nasa a Washington, che ha aperto la conferenza stampa. «È un risultato emozionante, perché prima si pensava che qualunque forma d’acqua qui non avrebbe resistito al giorno lunare. La scoperta invece suggerisce che l’acqua potrebbe essere distribuita in modo più uniforme sulla superficie della Luna, e non limitata ai poli, dove era già stata individuata in forma ghiacciata».
Questo risultato, ottenuto grazie all’osservatorio SOFIA (Stratospheric Observatory For Infrared Astronomy), è cruciale per la futura esplorazione del nostro satellite nell’ambito del programma Artemis, che punta a inviare la prima donna e il prossimo uomo sulla superficie lunare nel 2024.
A pochi giorni da una duplice firma degli accordi tra la Nasa e diversi partner internazionali, tra i quali l’Italia, la scoperta apre infatti nuovi punti di vista per la colonizzazione della Luna.
«Avere maggiori informazioni sulla presenza dell’acqua sulla superficie lunare, sul quantitativo, sul come e dove poterla estrarre – commenta Giorgio Saccoccia, Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – sono informazioni essenziali per potere progettare e pianificare una presenza umana sostenibile sul nostro satellite artificiale».
Di possibile presenza d’acqua sul lato illuminato della Luna si era già parlato, ma ad oggi erano stati confermati soltanto sottilissimi strati intrappolati vicino alla superficie lunare. Poche molecole di H20, insufficienti per qualsiasi reale utilizzo durante l’esplorazione del nostro satellite. I due nuovi studi invece cambiano completamente le carte in tavola: la faccia visibile della Luna presenterebbe una ‘idratazione diffusa’, mentre vicino ai poli lunari sarebbero nascoste vere e proprie ‘trappole di ghiaccio’. Queste inaspettate manifestazioni d’acqua lunare sono oggetto dei due studi apparsi oggi su Nature Astronomy.
Il primo articolo, Molecular water detected on the sunlit Moon by SOFIA, è stato capitanato dal Goddard Space Flight Center della Nasa. Gli scienziati hanno individuato la presenza di acqua molecolare sulla superficie lunare, la cui ‘firma’ è stata registrata dall’osservatorio SOFIA. Missione congiunta tra l’agenzia spaziale statunitense e quella tedesca, SOFIA è un telescopio a infrarosso di 2,7 metri installato su un aereo Boeing che opera nella stratosfera terrestre a circa 12.000 metri di altezza.
«Volando ad altitudini così elevate – spiega Naseem Rangwala, project scientist di SOFIA per l’Ames Research Center della Nasa – SOFIA è in grado di eliminare il 99.9% dell’oscuramento dovuto al vapore acqueo dell’atmosfera. Riesce così a osservare fenomeni impossibili da vedere con la luce visibile. È stata la prima volta che SOFIA ha osservato la Luna: inizialmente questo impiego non era previsto, ma abbiamo deciso di svolgere alcune osservazioni di test nell’agosto 2018. I risultati hanno superato di gran lunga le nostre aspettative: SOFIA ci ha permesso di rilevare la presenza di acqua sul lato illuminato della Luna senza che le osservazioni fossero contaminate dall’acqua dell’atmosfera terrestre».
In particolare, SOFIA ha rilevato molecole di acqua nel cratere Clavius, uno dei più grandi visibili dalla Terra, collocato nell’emisfero meridionale della Luna.
L’inaspettata presenza di acqua sulla Luna è quanto afferma anche il secondo studio, dall’evocativo titolo Micro cold traps on the Moon, (letteralmente, “micro trappole fredde sulla Luna), guidato dall’Università del Colorado a Boulder. Questa volta gli scienziati hanno utilizzato i dati raccolti dalla sonda LRO (Lunar Reconnaissance Orbiter) della Nasa, che ha rivelato la presenza di accumuli di acqua ghiacciata ai poli lunari sfuggiti alle osservazioni precedenti.
«Immaginando di stare in piedi sulla superficie della Luna vicino a uno dei suoi poli – spiega Paul Hayne, prima firma dello studio – si osserverebbero dappertutto zone d’ombra. Molte di queste piccole ombre potrebbero essere piene di ghiaccio».
Il nostro satellite racchiuderebbe quindi ai suoi poli piccoli serbatoi di H20: ‘trappole di ghiaccio’, appunto, di dimensioni molto ridotte (alcune grandi quanto un centesimo) ma in quantità decisamente maggiore di quanto ipotizzato in precedenza. Secondo gli autori, si può immaginare addirittura un’area di circa 40.000 chilometri quadrati disseminata di questi micro depositi ghiacciati.
«Se abbiamo ragione – continua Hayne – l’acqua sulla Luna sarà più accessibile per ottenere acqua potabile o per il carburante dei razzi: tutto ciò di cui la Nasa ha bisogno». Il lavoro dei futuri coloni lunari potrebbe quindi essere facilitato da queste inaspettate caratteristiche del nostro satellite.
«Avere visto la firma spettrale della molecola di acqua (H2O) nel Clavius Crater con il telescopio nell’infrarosso a bordo della missione SOFIA – commenta Barbara Negri, Responsabile dell’Unità Esplorazione e Osservazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana – è di per sé una notizia sensazionale. Questa scoperta scientifica porta, inoltre, un contributo fondamentale alla comprensione dell’ambiente lunare, fornendo l’informazione che diverse regioni della luna potrebbero ospitare acqua ghiacciata, rendendo così più accessibile un suo futuro utilizzo. Il prossimo passo sarà quello di capire l’origine dell’acqua sulla Luna».