Non c’è pace per il Webb. Dopo continui rinvii, e la recente conferma della Nasa della partenza prevista per il 22 dicembre, oggi arriva un contrordine: niente lancio almeno fino al 24.

Il motivo questa volta sembra riguardare alcuni problemi tecnici ai sistemi di comunicazione scoperti durante le fasi di integrazione sul razzo europeo Ariane 5 nello spazioporto europeo di Kourou, in Guyana Francese. «Forniremo maggiori informazioni entro venerdì 17 dicembre», si legge nel breve comunicato diffuso dalla Nasa.

Continua così l’attesa del più grande e potente telescopio ottico mai progettato – e probabilmente anche il più tormentato. L’idea di realizzare il telescopio, all’epoca denominato Next Generation Space Telescope, risale al 1989, poco prima del lancio di Hubble. Dedicata a James Webb nel 2002, la missione è diventata la più attesa (e costosa) degli ultimi decenni. Frutto di una partnership internazionale tra le agenzie spaziali statunitense, europea e canadese, il James Webb ha richiesto un budget complessivo di circa 10 miliardi di dollari.

Dell’ulteriore ritardo annunciato dalla Nasa si è parlato anche durante la conferenza stampa tenuta oggi 15 dicembre dall’Esa sul James Webb, e in particolare sul contributo italiano alla missione – che non è da poco. Tra i 266 programmi prescelti per il primo anno di osservazioni scientifiche del nuovo telescopio, 9 infatti sono guidati da ricercatori italiani.

Nonostante l’enorme investimento scientifico nel progetto (o forse proprio per questo), il team italiano coinvolto nella missione non si è detto preoccupato da questo ulteriore ritardo.

«Ho lavorato sul Webb dal 2008 – commenta Marco Sirianni, Responsabile dello sviluppo delle operazioni scientifiche del telescopio spaziale James Webb per Esa – e quindi accetto senza preoccupazione qualche giorno di attesa in più, per essere sicuri che tutto vada bene».

Del resto, per missioni del livello di James Webb ritardi del genere sono messi in conto, ricorda Antonella Nota, Project Scientist del telescopio spaziale James Webb per Esa: «Progetti così ambiziosi richiedono tempo. È normale che una missione di tale complessità scientifica richieda impieghi così tanto a partire. È stato così per Hubble, e lo stesso sarà per missioni future dello stesso livello».

Il James Webb Space Telescope sarà posizionato a 1.5 milioni di km dalla Terra, in una posizione nota come Punto Lagrangiano L2. Raccogliendo il testimone di Hubble, diventerà il prossimo campione dell’osservazione spaziale, progettato per dare una risposta a questioni ancora aperte sull’universo. L’inizio delle operazioni scientifiche è previsto per la fine del 2022 e la vita operativa del telescopio dovrebbe superare, secondo le previsioni, i dieci anni.

«La missione James Webb Space Telescope è stata fortemente travagliata, – commenta l’astrofisica Barbara Negri, responsabile dell’Unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Agenzia Spaziale Italiana – se pensiamo che è stata pensata un anno prima che volasse Hubble, oltre trent’anni fa. Ma la tecnologia era talmente spinta e i costi talmente alti che c’è voluto molto più tempo del previsto. Ma dal punto di vista scientifico questa missione apre uno scenario nuovissimo per l’astronomia a infrarossi: si potrà andare indietro nel tempo alle prime fasi del Big Bang, studiare la formazione delle prime galassie, andare alla ricerca di possibili condizioni adatte alla vita sugli esopianeti».