Molte stelle del nostro universo sono circondate da un disco protoplanetario, una suggestiva struttura ad anello formata da polveri e gas. Secondo diverse ipotesi, la formazione dei pianeti avrebbe un ruolo fondamentale nell’origine di questi dischi stellari.

Una conferma sembra adesso arrivare da un nuovo studio basato su simulazioni. Utilizzando modellazioni fatte con supercomputer, un team di ricercatori provenienti da tre università giapponesi (Ibaraki University, Kogakuin University e Tohoku University) ha scoperto che, nel caso di un disco protoplanetario a bassa viscosità, l’anello di polvere che si genera nella posizione iniziale di un pianeta non lo segue quando il pianeta migra verso l’interno. Questo fenomeno spiegherebbe il mistero dei pianeti mancanti dove si osservano gli anelli nel disco.

I risultati, pubblicati su The Astrophysical Journal, sono coerenti con le osservazioni effettuate con il telescopio Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array).
Alma è uno dei radiotelescopi più potenti del mondo ed è stato utilizzato per indagare le giovani stelle. Queste osservazioni hanno mostrato una varietà di schemi di anelli, più o meno densi e vuoti, nei loro dischi protoplanetari, ossia quelle regioni di gas e polvere che circondano le stelle.

Un’ipotesi condivisa è che gli anelli del disco si formano per effetto gravitazionale dei pianeti, portando i grani di polvere relativamente grandi (detti ciottoli) ad accumularsi sul bordo esterno dell’orbita che il pianeta disegna attorno alla stella. Tuttavia fino a oggi la ricerca di pianeti vicino agli anelli non ha portato a buoni esiti.

Secondo il recente studio, questa assenza sarebbe spiegata dal fatto che gli anelli di polvere, una volta formati, non seguono il pianeta generatore nella sua migrazione, quindi nella sua variazione di orbita.

Utilizzando Aterui II, il computer più potente dedicato all’astronomia, i ricercatori hanno simulato il caso di un pianeta che si allontana verso l’interno in un disco con bassa viscosità, esaminando quindi l’evoluzione dell’anello di polvere.

Il team ha così identificato tre fasi evolutive. Nella prima fase, l’anello rimane intatto nella posizione iniziale mentre il pianeta si muove verso l’interno. Nella fase successiva, l’anello iniziale si deforma gradualmente per la bassa viscosità, mentre un nuovo anello si forma nelle vicinanze del pianeta migrante, grazie all’intrappolamento dei grani di polvere che fuoriescono dall’anello iniziale. In questa fase intermedia entrambi gli anelli coesistono all’esterno dell’orbita planetaria. Secondo i ricercatori, nel caso di pianeti che migrano su distanze di 100 unità astronomiche, la coesistenza potrebbe durare per oltre un milione di anni. Nella terza ed ultima fase, l’anello iniziale scompare e rimane solo il secondo anello.

Secondo lo studio, il cambiamento nella morfologia dell’anello rappresenterebbe l’impronta del pianeta, fornendo cioè indizi su quando e dove si sia formato. Queste tre fasi identificate nelle simulazioni corrispondono bene ai modelli osservati negli anelli reali. La ricerca suggerisce, inoltre, che strutture asimmetriche e più complesse osservabili negli anelli di polvere dei dischi potrebbero essere spiegate da pianeti che, oltre a migrare, crescono di massa.

In attesa dei telescopi di prossima generazione, e delle loro osservazioni a più alta risoluzione in grado di cercare meglio i pianeti vicino alla stella centrale, questa ricerca fornisce un indizio importante che inizia a diradare la nebbia intorno al mistero dei pianeti mancanti.

 

Immagine in evidenza: un confronto delle tre fasi di formazione e deformazione degli anelli trovate in queste simulazioni da ATERUI II (in alto) con esempi reali osservati da ALMA (in basso). (Crediti. Kazuhiro Kanagawa, ALMA(ESO/NAOJ/NRAO)