Robinson Crusoe è l’emblema di quanto Uomo e cultura siano inscindibili. Soli su un’isola deserta abbiamo comunque la necessità di rappresentarci e sentirci parte di una collettività, nostra ancora di salvezza.

Per comprendere come ci si riesca ad adattarsi a un ambiente completamente nuovo oggi è sufficiente studiare la Stazione Spaziale Internazionale. International Space Station Archaeological Project è il programma innovativo che utilizza tecniche di indagine tradizionali dell’archeologia per analizzare come gli astronauti interagiscono in un habitat spaziale. La stazione orbitante è infatti un luogo sui generis: tra i posti più lontani da casa in cui un umano possa trovarsi, è allo stesso tempo una torre di Babele sulle nostre teste.

Il progetto della Iss ha coinvolto cinque agenzie spaziali (Stati Uniti, Russia, Europa, Giappone e Canada) e ha ospitato in poco più di 20 anni almeno 240 visitatori provenienti da 19 paesi. La stazione è risultata così l’habitat perfetto per il primo studio archeologico che vuole comprendere come nasca una nuova cultura, in questo caso in orbita.

Si chiama archeologia spaziale lo studio della cultura materiale, ossia oggetti, manifestazioni e valori che appartengono alla cultura di un popolo, con la quale l’uomo si adatta all’ambiente dello spazio. Non potendo effettuare osservazioni direttamente in campo, il progetto analizzerà le fotografie scattate a bordo nel corso di oltre due decenni, per documentare gli sviluppi e i cambiamenti nello stile di vita e nella composizione culturale della stazione.

L’obiettivo è comprendere la ‘microsocietà’ degli equipaggi a bordo della Iss per offrire un’analisi su come funziona la vita nello spazio.

«Le immagini includono metadati che registrano l’ora e la data, che diventano uno scavo, collegando il contenuto delle immagini a momenti nel tempo – afferma l’archeologa spaziale Alice Gorman della Flinders University – Dato che l’equipaggio scatta circa 400 fotografie al giorno, le immagini che ritraggono l’interno della stazione sono ormai milioni».

Il progetto utilizza gli archivi della Nasa in modo esteso attingendo, oltre alle immagini, a video e audio prodotti a bordo della Stazione. Grazie a questo immenso campo di prove, si cercherà di rispondere a quesiti fondamentali sula coabitazione degli astronauti e l’attività scientifica in orbita. Si indagherà, ad esempio, come gli spazi e gli oggetti veicolano interazioni di conflitto o di cooperazione. Oppure, quali sono gli effetti della microgravità sullo sviluppo della società e della cultura.

Nell’analizzare il materiale verranno utilizzate tecniche innovative, quali l’apprendimento automatico per catalogare le associazioni tra i membri dell’equipaggio, gli spazi all’interno della stazione e i vari oggetti e strumenti utilizzati. Allo stesso tempo non  mancherà il tradizionale scavo alla ricerca questa volta di tecnologie e oggetti spaziali tornati a Terra e ormai in disuso:

«Se gli oggetti associati alla Iss sono stati scartati sulla Terra e si trovano ora sottoterra, le tradizionali tecniche di scavo archeologico potrebbero essere utilizzate per recuperarli e analizzarli» – conclude Alice Gorman.

 

Crediti immagine in evidenza: International Space Station Archaeological Project