Per chi studia il cosmo, una delle massime soddisfazioni è avere un oggetto celeste che porta il suo nome. Immaginate se questo accade a un dottorando, e per di più grazie a un’intuizione sopraggiunta mentre stava studiando tutt’altro.

È la storia di Pedro Bernardinelli, giovane ricercatore brasiliano di origine italiana impegnato in un dottorato alla Penn State University. Stava lavorando alla sua tesi sugli oggetti transnettuniani utilizzando i dati del Dark Energy Survey, quando ha individuato le tracce di un corpo celeste apparentemente molto grande che appariva su più immagini – caratteristica incompatibile con i transnettuniani, che invece non sono osservabili direttamente.

Il dottorando ha portato i dati al suo supervisor, il cosmologo Gary Bernstein, e fatte le dovute verifiche i due hanno scoperto che l’oggetto era in realtà una cometa. Non solo: si trattava della più grande cometa mai osservata fino a quel momento, con un diametro che probabilmente sfiora i 160 chilometri. E così la comunità scientifica ha dato il benvenuto alla cometa ribattezzata Bernardinelli-Bernstein, per gli amici BB. Da quel momento l’oggetto è stato messo sotto stretta sorveglianza, e adesso un team internazionale guidato proprio dai due scopritori ha ricostruito il passato della cometa, provando a immaginarne il futuro.

Quel che emerge è un viaggio affascinante, che vede coinvolto anche il nostro Sistema solare. Secondo il nuovo studio, per adesso disponibile su ArXiv, la cometa è già passata da queste parti circa 3.5 milioni di anni fa, raggiungendo una distanza dal Sole di circa 18 unità astronomiche. Da allora ha viaggiato per qualcosa come 40mila unità astronomiche, immergendosi nella misteriosa nube di Oort.

Calcolando la sua traiettoria futura, gli scienziati pensano che BB passerà di nuovo nel nostro sistema planetario, in particolare vicino all’orbita di Saturno, nel 2031. Un evento che non costituirà alcuna minaccia per il nostro pianeta, ma che sarà un’occasione unica per vedere più da vicino la più grande cometa mai scoperta. E Bernardinelli, che adesso è un post-doc all’Università di Washington, sarà lì ad aspettarla.

 

 

Crediti immagine in apertura: NOIRLab/NSF/AURA/J. da Silva