Sono potenti emissioni radio che in un millesimo di secondo generano tanta energia quanta ne rilascia il Sole in un anno: si tratta dei lampi radio veloci, chiamati in breve Frb (Fast Radio Burst). Questo fenomeno, transitorio e di difficile localizzazione, non è sfuggito allo sguardo acuto di Hubble ed è al centro di uno studio in pubblicazione su The Astrophysical Journal; l’indagine, che si basa su osservazioni compiute dal telescopio tra il 2017 e il 2020, è stata coordinata dall’Università della California-Santa Cruz.
Localizzare l’origine di questi Frb, la cui natura suscita ancora molti interrogativi, è importante per comprendere quale tipo di oggetto celeste oppure quale evento astronomico li abbia scatenati. I dati raccolti da Hubble sono di grande aiuto alla comunità scientifica non solo per tracciare i lampi, ma anche per restringere la lista delle possibili sorgenti; le osservazioni sono state effettuate con la fotocamera Wfc3 (Wide Field Camera 3) nell’ultravioletto e nel vicino infrarosso. I dati sono stati analizzati con una metodologia d’indagine già impiegata con successo per identificare i ‘progenitori’ di altri fenomeni transitori (come supernove e lampi gamma).
Dal 2001 (anno della scoperta) sino ad ora, sono stati rilevati un migliaio di Frb, ma gli studiosi sono stati in grado di associarli ad una specifica galassia solo in una quindicina di casi. La mappatura realizzata da Hubble riguarda otto Frb; per cinque di essi è stato possibile determinare una localizzazione vicina a galassie a spirale o presso i loro bracci. Le galassie considerate sono, per la maggior parte, massicce, relativamente giovani e ancora in condizioni di dare vita a nuove stelle. I ricercatori hanno utilizzato l’ultravioletto per tracciare la luminosità delle stelle giovani lungo i bracci galattici, mentre il vicino infrarosso è stato impiegato per calcolare la massa delle galassie e individuare le famiglie degli astri più antichi.
Le immagini di Hubble mostrano galassie a spirale piuttosto diverse tra loro: alcune hanno una struttura diffusa, mentre altre sono ‘arrotolate’. Analizzando le foto, gli astrofisici hanno notato che i lampi individuati vicino ai bracci a spirale non provengono dalle aree più brillanti dove si trovano le stelle giovani e massicce, che quindi non sarebbero all’origine di essi.
Questi indizi hanno aiutato i ricercatori ad escludere alcune delle possibili ragioni scatenanti, compresi i finali esplosivi di taluni astri da cui derivano alcune specifiche tipologie di supernove e i lampi gamma. Viene considerata una causa improbabile anche la fusione tra stelle di neutroni, un processo che si verifica nell’arco di miliardi di anni e che di solito viene individuato lontano dai bracci a spirale delle galassie più anziane e poco ‘vivaci’.
I risultati dello studio, infine, sono coerenti con il modello principale riguardante le origini dei lampi, che deriverebbero dalle esplosioni di giovani magnetar, ovvero stelle di neutroni caratterizzate da un intenso campo magnetico e da un comportamento piuttosto imprevedibile.; ad esempio, nel 2020, gli scienziati hanno messo in relazione un Frb osservato nella Via Lattea con una regione dove è accertata la presenza di una magnetar. Secondo gli autori del saggio, il contributo di Hubble in questo filone di ricerca è stato di primaria importanza, ma occorrono ulteriori osservazioni per chiarire alcuni aspetti ancora enigmatici.
In alto: alcune delle immagini realizzate da Hubble (Crediti: Nasa, Esa, Alexandra Mannings-Uc Santa Cruz, Wen-fai Fong-Northwestern, Alyssa Pagan-StScI)