La casa spaziale ora ha una stanza privata. È Bishop, il primo modulo commerciale permanente a bordo della Iss interamente gestito dall’impresa Nanoracks. Si tratta di una pietra miliare nella nuova corsa allo spazio, che vede un’alleanza sempre più stretta tra agenzie spaziali e aziende private per uno sfruttamento più inteso dell’orbita bassa in vista delle future missioni di lunga durata verso Luna e Marte.

«Siamo in un momento molto emozionante per il mercato spaziale – commenta Jefrey Manber, Ceo di Nanoracks. –  Abbiamo la stabilità della Stazione spaziale internazionale, che resterà dov’è per un certo numero di anni, e penso che con la nuova Amministrazione americana ci sia una volontà e un desiderio di tornare ai nostri alleati storici e lavorare insieme in modo internazionale».

‘Collaborazione’ è stata la parola chiave per la messa in orbita del Bishop, un’impresa dove c’è anche molta Italia. L’airlock, nella cui realizzazione hanno co-investito diversi partner internazionali tra cui Boeing, ha visto un ruolo centrale di Thales Alenia Space, che ha prodotto e testato l’involucro pressurizzato nei suoi stabilimenti di Torino – la stessa città dove dal 2019 ha sede anche Nanoracks Europe.

Ma come funziona l’airlock Bishop e come verrà utilizzato in futuro? Ne abbiamo parlato con Veronica La Regina, che attualmente è amministratore unico di Nanoracks Europe dopo aver lavorato all’Agenzia Spaziale Europea e all’Agenzia Spaziale Italiana.

«Bishop è una struttura aggiuntiva – spiegaLa Regina, – che complementa le funzioni che oggi si possono svolgere a bordo della stazione spaziale. È sostanzialmente un’ulteriore stanza dove poter fare attività di ricerca interdisciplinare in orbita. Uno dei primi clienti è una start-up giapponese che testerà un braccio robotico su una movimentazione multifattoriale».

Bishop, che significa ‘alfiere’ in omaggio alla sua mobilità, è partito alla volta della Iss lo scorso 6 dicembre a bordo di una capsula Dragon di SpaceX, che ha trasportato sulla stazione quasi 3 tonnellate di generi di necessità per gli astronauti e nuovi materiali per gli esperimenti scientifici.

«Questa ‘mezza palla’ – l’abbiamo vista tutti nella parte posteriore del Dragon quando si è separato il secondo stadio – può essere aperta. Quindi permette un’esposizione completa verso lo spazio selvaggio, in una situazione non pressurizzata e con perfetta esposizione alle radiazioni e ai raggi UV» racconta La Regina.

Dall’esposizione prolungata allo spazio fino ad arrivare al rilascio di piccoli satelliti: tutte queste funzioni vanno a completare il ruolo di airlock, ovvero di camera di compensazione che permette il passaggio dei payload dall’interno all’esterno della Stazione spaziale internazionale e viceversa. E di farlo in modo più massiccio rispetto a quanto consentito dall’airlock giapponese installato sul modulo Kibo, utilizzato a questo scopo fino a oggi.

La capsula Dragon che trasportava Bishop ha fatto la sua manovra di docking alla Iss lo scorso 7 dicembre. L’airlock è rimasto al sicuro nella navicella di SpaceX fino ad oggi 18 dicembre, ma da domani inizierà la sequenza di manovre che porterà alla sua piena operatività.

«Il 19 dicembre – continua infatti La Regina – sono pianificate le operazioni per attivare il braccio robotico a bordo della Iss, che prenderà il Bishop in uno dei suoi punti di attracco e lo porterà verso il nodo 3, il Tranquillity, nodo made in Italy. Salvo imprevisti, ci aspettiamo una piena operatività già all’inizio del 2021».

A fare da apripista europeo delle strutture commerciali a bordo della Iss è stata la piattaforma Bartolomeo gestita da Airbus ed Esa, agganciata al modulo Columbus lo scorso aprile. E per questo anche l’Europa sarà tra i primi utilizzatori del nuovo modulo Bishop: i ‘clienti 0’ infatti sono state proprio le agenzie spaziali.

L’alfiere sulla casa spaziale gestito da Nanoracks è una dimostrazione viva delle potenzialità della nuova economia dello spazio. Ma, sul finire del 2020 e puntando a un ritorno sulla Luna nel 2024, quanto è effettivamente accessibile lo spazio ai privati?

«Esiste una forma quasi di scetticismo rispetto al fatto che ci possano essere persone disposte a pagare per andare in orbita. In realtà il nostro business smentisce questo timore. Noi crediamo fortemente nella democratizzazione dell’accesso allo spazio. Un po’ come avviene per i trasporti a terra: l’infrastruttura viene costruita e poi l’utente paga il tolling fee, cioè il pedaggio. Vorremmo che anche nello spazio si andasse verso modelli di questo tipo» dice La Regina.

Questo sistema potrebbe aiutare a sostenere la Iss anche dopo il suo pensionamento, un programma a cui i principali attori nel settore spaziale stanno già lavorando. Senza mettere limiti alla fantasia: nel momento in cui diventa business, lo spazio si presta sempre più anche a utilizzi che vanno oltre la scienza e l’esplorazione, come l’intrattenimento. Un settore a cui anche Nanoracks, dopo la messa in orbita del Bishop, si sta affacciando.

«Abbiamo portato in orbita una camera con acquisizione tridimensionale, – conclude Veronica La Regina – la cosiddetta Felix and Paul Studios – iniziativa insieme al Time e ad altri partner media. Quindi abbiamo deciso di co-investire per poter usufruire anche del payload una volta in orbita. Gli utilizzi sono vari, sia per rendere il grande pubblico cosciente di queste attività in orbita sia per le industrie dei videogiochi. È un settore molto affascinante: partono sempre da dati reali, e poi il surreale diventa più vero del reale».