Non è ancora partito, e già gli scienziati fanno calcoli e simulazioni su ciò che scoprirà. Stiamo parlando del James Webb Telescope, futuro campione dell’osservazione del cielo il cui lancio è attualmente previsto per il 31 ottobre 2021.
Ora, a quasi un anno esatto dall’attesissimo liftoff, un team di ricerca guidato dall’Università di Melbourne australiana ha sviluppato una simulazione che mostra alcune osservazioni dell’universo distante che potremo aspettarci da parte del James Webb. In particolare gli scienziati si sono concentrati sui quasar, gli oggetti celesti più luminosi del cosmo e tra i più energetici mai studiati. Contrazione di quasi-stellar radio source, i quasar sono nuclei galattici attivi la cui luminosità supera quella di miliardi di stelle. Si pensa che questa incredibile brillantezza sia dovuta all’attrito causato da gas e polveri divorati dal buco nero supermassiccio al loro centro.
Il nuovo studio, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, suggerisce che Webb riucirà in un’impresa fino ad oggi risultata impossibile per qualunque telescopio spaziale: osservare da vicino i quasar nascosti nelle galassie distanti.
«Vogliamo capire a che categoria appartengono le galassie in cui vivono questi quasar. Saremmo così in grado di rispondere a domande quali: come fanno i buchi neri a crescere così rapidamente?» spiega Madeline Marshall, leader dello studio. Si tratta di quesiti fondamentali per lo studio dell’evoluzione del cosmo. Per questo Marshall e colleghi hanno voluto anticipare – virtualmente – il viaggio del James Webb, in modo da capire se il futuro telescopio spaziale sarà in grado di penetrare i misteri dei quasar. La risposta sembra affermativa. Il team di ricerca ha utilizzato una simulazione informatica chiamata Blue Tides, sviluppata dal gruppo di Tiziana Di Matteo (co-autrice dell’articolo) all’Università di Pittsburgh. Come si vede nell’animazione in basso, Blue Tides copre ad ogni fotogramma una distanza 10 volte più piccola del passaggio precedente – lo stesso principio a cui si ispira il famoso filmato Powers of Ten di fine anni ’70, dove a partire da una scena di vita quotidiana sul nostro pianeta si arriva fino ai confini dell’universo.
‘Interrogando’ adeguatamente la simulazione, gli scienziati sono riusciti a ottenere uno scorcio dei quasar distanti osservati dai futuri occhi del Webb. I risultati mostrano che le galassie che ospitano i quasar tendono a essere più piccole della media, circa 1/30 della Via Lattea. Inoltre, la loro ‘fabbrica stellare’ sembrerebbe più efficiente: la nascita di nuove stelle avverrebbe circa 600 volte più velocemente rispetto alla nostra dimora galattica. «Queste galassie sono come bambini estremamente precoci – commenta Tiziana Di Matteo – crescono per conto loro».
Questo sguardo ai quasar distanti e alle loro galassie ospiti contribuisce così ad aumentare le aspettative nei confronti del Webb, che potrebbe svelare alcuni dei più grande misteri dell’evoluzione cosmica.