È il ‘peso massimo’ nella famiglia di satelliti naturali di Nettuno ed è noto per orbitare intorno al pianeta con un moto retrogrado, caratteristica che ha fatto ipotizzare una sua provenienza dalla Fascia di Kuiper: si tratta di Tritone, che si è guadagnato la ribalta per la presenza di una singolare combinazione tra monossido di carbonio (Co) e azoto (N2) sotto forma di ghiaccio. Gli astronomi hanno individuato questo mix utilizzando il telescopio Gemini South in Cile e in particolare il suo spettrografo Igrins (Immersion Grating Infrared Spectrometer); la campagna di osservazioni è stata condotta da un team internazionale di ricercatori, coordinato dalla Northern Arizona University, e i risultati saranno pubblicati su Astronomical Journal.
Il gruppo di lavoro ha notato l’inusuale accoppiamento dei due gas tramite una specifica lunghezza d’onda nell’infrarosso, individuata per la prima volta in una situazione reale al di fuori delle simulazioni in laboratorio. Secondo gli studiosi, questo miscuglio potrebbe avere un ruolo nella formazione dei geyser di Tritone, osservati nell’emisfero sud da Voyager 2 durante il sorvolo del 1989; nelle immagini della sonda (in alto) i geyser si presentano come strisce nere che spiccano sulla superficie ghiacciata. Da allora sono state formulate numerose teorie sull’origine di questo fenomeno, che spaziano dalla presenza di un oceano sotterraneo all’influsso dei cambiamenti stagionali; i geyser, quindi, potrebbero eruttare quando la luce estiva del Sole surriscalda lo strato superficiale del ghiaccio di Tritone, coinvolgendo il miscuglio di monossido di carbonio e azoto.
Infatti, nonostante la ragguardevole distanza del corpo celeste dal Sole e le temperature estremamente rigide, la luce che vi giunge è sufficiente ad esercitare la sua influenza sui cambiamenti stagionali che coinvolgono sia la superficie che l’atmosfera. Le stagioni si alternano molto lentamente su Tritone e ognuna di esse può durare poco più di 40 anni; nel 2000 il satellite naturale si è trovato nel solstizio d’estate e quindi, prima che arrivi l’autunno, gli studiosi hanno a disposizione ancora una ventina d’anni per condurre ulteriori ricerche. Gli autori della ricerca sono convinti che la scoperta confermi l’utilità di combinare simulazioni in laboratorio e campagne di osservazione per comprendere fenomeni planetari complessi, caratteristici di mondi profondamente diversi dalla Terra, e schiuda nuove prospettive di studio sui corpi celesti situati oltre Nettuno.