Lo scorso 25 giugno l’Agenzia spaziale europea ha dato il via alle procedure per selezionare colui che sarà il nuovo Direttore generale dell’Esa, il ruolo guida dello spazio europeo. O almeno così è stato dall’anno della sua nascita, nel 1975.
Il nuovo Direttore generale dovrà in realtà gestire una fase di transizione importante. La crescita dell’Unione Europea, la crescita dello spazio come risorsa non solo tecnologica e scientifica, ma anche scientifica, porta ad ipotizzare una maggiore integrazione dell’Esa come braccio fattivo della Ue come succede a livello nazionale e non realtà separate.
Per capirci l’Inghilterra è fuori dell’Europa ma è dentro l’Esa, come vale per la Svizzera. Insomma il mondo sta cambiando e molto in fretta nel settore spaziale. Il prossimo Dg quindi non sarà una scelta facile, perché dovrà guidare una transizione molto importante per il collocamento dell’Europa nell’ambito dei progetti spaziali del futuro. La Luna, poi Marte, ma anche lo sfruttamento economico delle risorse spaziali, porterà inevitabilmente ad un maggior coinvolgimento decisionale dell’Unione europa, dall’altra l’Esa dovrà saper esprimere tutta la sua esperienza operativa perché il vecchio Continente possa svolgere un ruolo primario e non subordinato a Usa e Cina, le nuove superpotenze dello spazio, con la Russia un passetto indietro.
L’Italia per quello che ha fatto, per quello che sta facendo e soprattutto per l’innovazione tecnico-scientifica che ha saputo mettere in campo in questi anni può correttamente rivendicare quel ruolo. Non solo: il governo italiano ha di fatto quasi raddoppiato il proprio contributo in Europa nell’ambito delle politiche spaziali. È il terzo paese contributore dell’Agenzia spaziale europa e l’ultima carica da Dg svolta dall’Italia fu con Antonio Rodotà, Dg dal 1997 al 2003. A succedergli il francese Jean-Jacques Dordain che rimase in carica dal 2003 al 2015, due mandati pieni prima di passare la guida dello spazio europeo all’allora Presidente dell’Agenzia spaziale tedesca (Dlr) Johann-Dietrich Wörner.
La partita è aperta e come è inevitabile che sia non riguarda la scelta delle capacità personali dei singoli candidati, quanto il riconoscimento del ruolo di spinta che svolgono o possono svolgere i paesi.