Un’enorme scarica di energia la cui luminosità ha oltrepassato il luogo dell’avvenimento e si è protratta nel tempo, al punto che le tracce non sono sfuggite allo sguardo sensibile del telescopio Hubble: è quanto si è verificato circa 3,5 milioni di fa nel buco nero super-massiccio della Via Lattea. Il lampo provocato dall’esplosione sarebbe durato per circa 1 milione di anni e oggi i suoi segni sono stati individuati nelle zone periferiche della nostra galassia: come in un’inondazione, la luce è tracimata dal buco nero e si è diffusa nello spazio circostante tanto da illuminare un’ampia scia di gas che si snoda verso due celebri ‘vicine di casa’ della Via Lattea, la Grande e la Piccola Nube di Magellano.
La scoperta, che si deve alla straordinaria sensibilità di Hubble nell’ultravioletto, è stata illustrata nello studio “Kinematics of the Magellanic Stream and Implications for its Ionization”, presentato ieri al 236° convegno dell’American Astronomical Society e di prossima pubblicazione su The Astrophysical Journal; l’indagine, al momento disponibile in anteprima sulla piattaforma arXiv.org, è stata svolta da un gruppo internazionale di astronomi, coordinato dallo Space Telescope Science Institute di Baltimora.
La reazione così energica del buco nero, secondo i ricercatori, probabilmente è dovuta ad una vasta nube di idrogeno (con una massa pari a 100mila volte quella del Sole) che è ricaduta sul disco di materiale intento a ‘volteggiare’ intorno all’oggetto celeste. L’esplosione ha emesso coni di radiazione ultravioletta sia al di sopra e al di sotto del piano galattico, sia nello spazio profondo; nello specifico, il cono che si è dipartito dal polo sud della Via Lattea ha illuminato una massiccia struttura di gas in forma di nastro, chiamata Corrente Magellanica e situata a circa 200mila anni luce dal centro della Via Lattea. In particolare, è stata irradiata una porzione del nastro, dove, con l’asportazione degli elettroni dagli atomi, è avvenuta la ionizzazione dell’idrogeno.
Per giungere a questi risultati, gli studiosi hanno impiegato lo spettrografo di Hubble con cui hanno analizzato la luce ultravioletta dei quasar di background, dove hanno trovato la ‘firma’ degli atomi ionizzati. Inoltre, il ‘botto’ che ha provocato questo irraggiamento è legato anche ad un altro fenomeno: è all’origine delle cosiddette ‘Fermi Bubbles’, ovvero due bolle di plasma bollente che si estendono per circa 30mila anni luce al di sopra e al di sotto del piano della Via Lattea. Secondo gli autori, lo studio ha evidenziato la portata dell’impatto che un buco nero può avere su una galassia e i suoi dintorni, nonché la connessione tra la Corrente Magellanica e le Fermi Bubbles, ritenute sinora due realtà a sé stanti.
In alto: immagine che illustra la scoperta (Crediti: Nasa, Esa e L. Hustak-STScI)