La superficie dell’asteroide Bennu, obiettivo della missione Nasa Osiris Rex, è accidentata, ricca di rocce e quasi del tutto priva di regolite. Ora uno studio condotto da Saverio Cambioni dell’Università dell’Arizona ha indagato le cause dell’assenza di questo materiale, che riveste gran parte dei pianeti e degli oggetti celesti conosciuti. Secondo quanto emerge dallo studio, pubblicato su Nature, le rocce altamente porose di Bennu sono responsabili della sorprendente mancanza di regolite fine sulla superficie.

«Grazie al Regolith Explorer – commenta Dante Lauretta, responsabile della missione – siamo riusciti ad analizzare e a caratterizzare la superficie dell’asteroide. Osiris Rex ha raccolto dati ad altissima risoluzione per l’intera superficie di Bennu, in alcuni punti fino a 3 millimetri per pixel. Al di là dell’interesse scientifico, la mancanza di regolite fine è diventata una sfida per la missione stessa dato che la sonda è stata progettata per raccogliere questo materiale».

Quando Osiris Rex ha inviato le prime immagini di Bennu a Terra gli scienziati hanno notato alcune aree in cui la risoluzione non era abbastanza alta per poter verificare la presenza di rocce o regolite. A quel punto il team di ricercatori ha deciso di utilizzare il sistema di apprendimento automatico per distinguere la regolite fine dalle rocce, utilizzando dati sulle emissioni termiche. 

Come primo passo i ricercatori hanno costruito una libreria di emissioni termiche associate alla regolite fine, mescolata in diverse proporzioni con rocce di varia porosità. Successivamente hanno utilizzato le tecniche di apprendimento automatico per insegnare a un computer come ‘collegare i punti’.  In totale sono state analizzate 122 aree sulla superficie di Bennu, sia di giorno che di notte. Una volta terminate le analisi i ricercatori hanno scoperto che la regolite fine è concentrata in pochissime aree dove le rocce non sono porose, mentre è quasi assente nelle zone ad alta percentuale di rocce porose, ovvero la maggior parte della superficie. Secondo quanto si legge nello studio, le rocce altamente porose producono poca regolite poiché esse sono altamente compresse e non frammentate dagli impatti dei meteoroidi. 

«Quando Osiris-Rex consegnerà il suo campione di Bennu sulla Terra nel settembre 2023 gli scienziati saranno in grado di studiare i campioni in dettaglio –  commenta Jason Dworkin, del Goddard Space Flight Center della Nasa – questo include testare le proprietà fisiche delle rocce per verificare questo studio».

Altre missioni hanno fornito prove a sostegno delle scoperte del team dell’Arizona. La missione Hayabusa2 della Jaxa ha scoperto che l’asteroide Ryogu è privo di regolite fine e ha rocce ad alta porosità. Al contrario, la  prima missione Hayabusa nel 2005 ha rivelato un’abbondanza di questo materiale sulla superficie di Itokawa, un asteroide di tipo S con rocce di composizione diversa rispetto a Bennu e Ryugu. In base a quanto evidenziato dagli studi precedenti, la presenza di ampie strisce di regolite fine sarebbe poco comune sugli asteroidi carboniosi (di tipo C). Al contrario, gli asteroidi di tipo S avrebbero una buona quantità di questo materiale. 

«La nostra scoperta – conclude Cambioni – è particolarmente importante per lo studio degli asteroidi. Si pensa che questi ultimi siano vere e proprie reliquie del Sistema Solare e ora che conosciamo la differenza tra composizione superficiale degli asteroidi di tipo C ed S saremo in grado di preparare al meglio le future missioni di esplorazione robotica dirette verso questi oggetti».

Crediti foto: L’asteroide Bennu, Nasa/Goddard/University of Arizona